giovedì 12 gennaio 2012

La Cgil è seriamente interessata a un accordo col Governo

“Siamo seriamente interessati a provare a fare un accordo sindacale con il governo ma, come sempre, sarà il merito(?) a decidere. Entro la fine della settimana ci sarà un incontro con i segretari generali di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, per provare a costruire insieme una piattaforma unitaria in vista del confronto e mi pare che in questo momento ci siano le possibilità per realizzarla”. E’ quanto ha testualmente affermato il segretario della Cgil Susanna Camusso la quale ha anche sostenuto che il 2012 si annuncia un anno “drammatico” a causa della recessione e della disoccupazione, a rischio anche per la “tenuta sociale”: per questo, “in una fase così difficile fare un accordo sindacale con il Governo sarebbe un risultato molto importante”.
In queste affermazioni si condensa in maniera purtroppo chiaro lo stato del sindacato italiano.
Da quali considerazioni nasce, per la Camusso l’interesse a fare un accordo col Governo sul mercato del lavoro? Esistono oggi le condizioni per trattare con un Governo che ha operato un attacco totale alle condizioni di vita dei lavoratori, dei pensionati, dei precari e dei disoccupati, snobbando peraltro il sindacato?
A questa domanda la risposta dovrebbe essere scontata. No. Il governo Monti, infatti, ha prodotto uno degli attacchi più gravi alle condizioni di vita dei discriminati, tanto è vero che la stessa Cgil ha fatto uno sciopero generale di quattro ore, diventate poi tre per mediare con Cisl e Uil, con presidi davanti alle prefetture con il coinvolgimento dei Comuni, delle Province e delle Regioni, contro la manovra.
Per la Confederazione "la manovra proposta dal Governo contiene poche novità positive (sulla crescita e sulle infrastrutture) e molte parti gravi che non la configurano come una manovra equa, ma che grava su lavoratori e pensionati".
Che cosa è cambiato da allora? Il Governo ha forse tenuto conto dello sciopero generale? Ha per caso convocato i sindacati, visto che prima non lo aveva fatto, per apportare modifiche alla manovra? Ha forse accolto le richieste di modifica che venivano dalle piazze e dagli scioperanti? Niente di tutto questo. La manovra diventata, anzi, legge.
Il popolo e i lavoratori pagano. La lotta per cancellare quanto deciso dal Governo, dimenticata. Lo stesso sciopero si è tramutato in un’altra tassa pagata dai lavoratori, inutile, perché non ha prodotto alcun risultato e di lotta il sindacato non parla più, anzi propone di trattare a quello che dovrebbe essere il suo avversario, contro il quale ha chiamato i lavoratori a scioperare: Il Governo.
Come si può dichiarare di essere interessati a fare un accordo, anche se sarà, naturalmente, il merito a decidere, con chi ti sbatte la porta in faccia e calpesta i diritti dei lavoratori? Non è forse alzare la bandiera bianca della resa e accettare totalmente la manovra, contro la quale si rinuncia a lottare?
Era questo che si sarebbe aspettato chi ha scioperato a dicembre?
Oppure ben altro avrebbe dovuto essere il comportamento del sindacato se avesse scelto di difendere i lavoratori. Non fare uno sciopero di facciata avente il solo scopo di salvare le apparenze, ma costruire, tra i lavoratori e i pensionati, una piattaforma alternativa che tutelasse i discriminati e ribaltasse le basi liberiste e di classe dell’attuale manovra. Su questa piattaforma portare fino in fondo la lotta contro un Governo e un padronato che intendono trattare solo con sindacati accondiscendenti e subalterni alle logiche del mercato.
Niente di tutto questo. La Cgil invece di essere conseguente con i giudizi, le affermazioni e lo sciopero generale contro la manovra, propone oggi, una trattativa insieme a Cisl e Uil, su una piattaforma che sarà predisposta a tavolino fra loro, accondiscendendo di assecondare, invece che contrastare il Governo, sul cosiddetto mercato del lavoro.
Che cosa hanno da guadagnare da tutto ciò i lavoratori?
Perché la Cgil vuole raggiungere un accordo con un Governo che del sindacato s’infischia totalmente? La risposta l’ha fornita il presidente della Repubblica Napolitano che ha magnificato:
” … il ruolo del sindacato come soggetto portatore d’interessi generali del Paese e non soltanto interessi di categoria”. La segretaria della Cgil allineandosi all’istante ha accolto positivamente le parole di Napolitano. “I sindacati – ha anzi osservato – difendono gli interessi generali, in assenza di questa convinzione, infatti, prevale un’idea corporativa della società e che s’interloquisce con i corpi intermedi solo su specifici segmenti, senza il necessario confronto generale”.

E’ questa l’idea del sindacato generale della Cgil?
I lavoratori e i discriminati, quindi, nell’interesse generale del Paese devono accettare tagli e tasse; pensioni di fame a settanta anni e licenziamenti altrimenti, se difendessero i loro diritti e le loro conquiste, che non sono stati gentili concessioni, ma sono costati lacrime e sangue e ottenuti a prezzo di dure lotte, si dimostrerebbero corporativi.
Poco importa se il privilegio e la disuguaglianza dilagano. Poco importa se le imprese e il padronato, che evidentemente non sono corporativi, nell’interesse generale del Paese continuano ad arricchirsi anche in questa fase. Essi, infatti, continuano a de localizzare le loro attività, a sfruttare il lavoro precario e nero, a calpestare i diritti dei lavoratori, a cancellare i contratti nazionali di lavoro, a trattare solo con i sindacati “disponibili” emarginando gli altri (Fiom, sindacati di base), ad accaparrarsi e trarre profitto, grazie alle liberalizzazioni e privatizzazioni, di attività prima pubbliche e ora, nell’interesse generale naturalmente, private, come servizi, trasporti, energia, sanità, scuola, previdenza, assicurazioni, autostrade, ecc., ecc., ecc..
Il male è proprio questo: La Cgil e quelli, Partito Democratico in testa, che ancora oggi vogliono far intendere di stare a sinistra e dalla parte dei discriminati, hanno in realtà fatto un’altra scelta di campo e hanno deciso di stare dalla parte del mercato, delle liberalizzazioni e delle compatibilità capitaliste.
Occorre prendere atto di ciò e trarne le conseguenze. Prima lo faremo meglio sarà.

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