domenica 1 luglio 2012

Prosegue l’aggressione ai lavoratori da parte di Marchionne del Ministro Fornero e dei padroni

Marchionne in occasione della presentazione di una vettura interamente costruita in Cina dalla Fiat, davanti a dirigenti, segretari e responsabili ai vari livelli del Partito Comunista ( sarebbe più appropriato sostituire alla definizione di comunista, quella di capitalista) Cinese, dopo i convenevoli e reciproci riconoscimenti, ha colto al volo l’occasione per mostrare ancora una volta il vero volto suo e del padronato. Davanti, infatti, alla sentenza che obbliga la Fiat a reintegrare a Pomigliano d'Arco 145 lavoratori discriminati per il solo fatto di essere iscritti alla Fiom, Marchionne ha brutalmente affermato:”Il nostro(?) paese ha un livello di complessità nell’ambito delle questioni industriali che non esiste in altre giurisdizioni. Le implicazioni di questa decisione sulla situazione del business sono abbastanza drastiche, perché tutto diventa tipicamente italiano e quindi molto difficile da gestire. Allo stesso tempo, nei miei viaggi in Cina, negli Usa o altrove non vedo nessuno veramente interessato a questa decisione, non c’è nessuno che fa la fila per venire a investire in Italia. Non credo che cambierà nulla, si renderà solo tutto più complesso”. Definendo esplicitamente “folcloristiche” le norme italiane che ancora tutelano chi lavora. Marchionne non ha potuto fare a meno, inoltre, di affermare che un operaio cinese impiegato dalla Fiat prende cinque volte meno di un operaio italiano guadagnando circa 2mila yuan, al cambio attuale circa 250 euro il mese. La grande contraddizione e ambiguità esistente in Cina è quella di essere un Paese governato da un partito che si ostina a definirsi comunista nonostante i dati economici che emergono e che vedono la Cina presentare un PIL (prodotto interno lordo) che, secondo il sole 24 ore, nel solo primo trimestre 2012 ha registrato un incremento dell'8,1% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Nonostante ciò le retribuzioni dei lavoratori cinesi sono di appena 250 euro mensili. Questi dati sarebbero più consoni per un paese non comunista ma dichiaratamente capitalista, dove vengono anteposti alle condizioni economiche e sociali dei lavoratori e dei cittadini il profitto di pochi e il mercato e dove si relegano i lavoratori al ruolo di sfruttati e sottopagati. Proprio per questo i rampanti capitalisti nostrani (?), cogliendo l’aspetto sostanziale della situazione cinese non stanno a formalizzarsi su come politicamente si definisce il governo con cui fare affari, poco importa il colore della bandiera cinese, quello che conta è la situazione economica reale, quello che conta sono i loro utili. I lavoratori devono adattarsi a questa verità, le loro condizioni economiche, la loro libertà, i loro diritti devono essere compatibili con il loro profitto. Sarebbe utile approfondire quest’argomento e le sue implicazioni fra le quali, la prima: Non è sufficiente dichiararsi comunista per esserlo davvero, stesso discorso per la sinistra nostrana; La seconda non è vero che, in una realtà di mercato, a parametri economici positivi, e la Cina sta lì a dimostrarlo con il più alto PIL mondiale, corrispondano retribuzioni più alte e decenti e in migliori condizioni di vita per i discriminati. La maggiore quantità di produzione, di PIL e di ricchezza in Cina, stando ai dati, non ha favorito un benessere diffuso ma si è concentrata nelle mani di pochi capitalisti che hanno approfittato della situazione del mercato. Altro che Paese comunista. In Italia il PIL è negativo, ma anche qui la ricchezza disponibile è nelle mani di pochi capitalisti, come in Cina, e la pseudo sinistra italiana, insieme alla destra dichiarata, collabora a un governo che smantellando le conquiste dei lavoratori, favorisce, anche in una situazione di crisi, l’accumulazione solo a pochi privilegiati capitalisti e speculatori finanziari. Per tornare a Marchionne, le sue ultime affermazioni, segnalano l’arroganza sua e della Fiat che snobbando e deridendo le stesse decisioni della Magistratura, in base alla sua logica economica, dietro la promessa illusoria e falsa di lavoro, lavora per peggiorare le condizioni dei lavoratori le loro libertà e ad aumentare le differenze sociali e di classe. Non è stato sufficiente, per Marchionne, smantellare lo stato sociale italiano, demolire i diritti e le libertà dei lavoratori ( art. 18, collocamento, contratti collettivi, ecc.), precarizzare i rapporti di lavoro e condizionare l’assunzione all’adesione o meno a un sindacato amico, ora Marchionne e il padronato puntano ad attaccare i livelli salariali dei lavoratori italiani per ridurli drasticamente e per renderli competitivi con quelli di altri paesi, a partire dalla Cina, altrimenti, sostiene Marchionne non ci sarà nessun capitalista a fare la fila per investire in Italia. In altre parole il ricatto del lavoro. Del resto quanto affermato da Marchionne fa il paio con le ultime esternazioni del Ministro del lavoro Fornero che ha testualmente dichiarato: ” Il lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso il sacrificio”, corriere della sera del 27 giugno u.s. La realtà è quindi quella di un determinato, feroce e finora inarrestabile attacco di classe del padronato, del Governo, dei partiti che lo sostengono (Pd, Pdl e Udc) e dei sindacati che, anche quando non sottoscrivono o approvano apertamente, fingono di opporsi e fanno passare tutto quello che vuole e conviene alla Confindustria e ai capitalisti italiani.