martedì 17 settembre 2013

Una Costituzione assolutamente meravigliosa

Il tentativo di stravolgere la Costituzione italiana, e di spostarne l’asse su posizioni restauratrici, messo in atto, su incarico del padronato, da parte di una classe politica priva di alcun mandato e completamente screditata nell’opinione pubblica, ha determinato la proliferazione di comitati in difesa della Costituzione. Comitati che coinvolgono anche figure rappresentative e dignitose della sinistra italiana oltre a quei cittadini che vedono in pericolo principi fondamentali della libertà e della democrazia. Difendere la Costituzione dagli attacchi rappresenta, per questi comitati, una battaglia determinante che va combattuta sulla quale tentare di ricostruire una qualche soggettività politica di sinistra. Questa sinistra assume cioè come manifesto la difesa dei principi di libertà, uguaglianza e democrazia sanciti dalla Costituzione che, in questo modo diventa bene assoluto e punto più alto di civiltà e progresso realizzabile. Questa scelta esclude altri modelli costituzionali utili a garantire diverse forme di libertà e di uguaglianza, a partire dal comunismo. Non occorre addentrarsi in un confronto ideologico, come avvenne al decimo congresso del Partito Comunista Italiano con la polemica fra l’allora segretario Togliatti e i dirigenti del Partito Comunista Cinese di Mao Tse Tung, per rendersi conto che certamente qualcosa che non va c’è stato e c’è. La Costituzione italiana è nata dalla Resistenza e afferma solennemente dei principi di libertà, uguaglianza e democrazia assolutamente condivisibili, anche se essa quando fu pensata rappresentò il punto massimo di mediazione e di compromesso specie per quelle forze partigiane che avevano lottato e dato la vita per un obiettivo ben diverso da quello realizzato, quello della nascita di una società socialista in Italia. La realtà ci dimostra che tali principi sono rimasti soltanto delle vuote enunciazioni e non hanno trovato applicazione in Italia in questi 65 anni. Perché le ingiustizie e le differenziazioni o discriminazioni sociali invece che diminuire sono aumentate. Perché i ricchi sono sempre più ricchi e la povertà è in aumento. Perché esiste la disoccupazione che è in continua crescita. Perché sono cancellati principi e diritti elementari di uguaglianza e civiltà come quello al lavoro o a una sanità e una scuola uguali per tutti. Perché è stato precarizzato il rapporto di lavoro. Perché sono state tagliate le pensioni e aumentate le età pensionabili. Perché non si sono mai colpiti i grandi patrimoni, ricchezze e privilegi che sono continuati ad esistere e prosperare. Perché il sistema fiscale colpisce solo i redditi fissi. Si potrebbe continuare. La causa sta nell’art. 42 della Costituzione. Esso prevede testualmente: ” La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge”. Questo semplice articolo ha determinato la completa vanificazione e l’annullamento di quei principi di libertà e uguaglianza che la Costituzione stessa sancisce. Com’è possibile solo pensare che ci possa essere uguaglianza fra chi possiede beni e chi non ne possiede? Fra chi è in lotta per la sopravvivenza e non ha nemmeno i mezzi per garantire a se stesso e ai propri cari un’esistenza dignitosa e chi non sa nemmeno a quanto ammontano le proprie ricchezze? E’ vero che esistono articoli appositi che prevedono l’intervento dello Stato a favore di chi è costretto a lavorare perché non possiede affatto proprietà o ne possiede in misura insufficiente per consentire a questi di essere ugualmente liberi o addirittura consentire loro l’accesso al diritto alla proprietà. L’art. 36 recita infatti: ” Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. All’apparenza sembrerebbe che la Costituzione non tuteli solo il diritto della proprietà ma anche quello di coloro che proprietà non hanno! Il principio sembrerebbe giusto. Solo che nella realtà mentre la proprietà, a partire da quella sui mezzi di produzione è effettivamente garantita dalla legge e dalle forze dell’ordine; il diritto a un lavoro e a una retribuzione equa e sufficiente, no e tantomeno quello del godimento di ferie riposi, malattie, maternità, ecc. no. Ne sa qualcosa chi lavora oggi in condizioni economiche e normative che sono state rese flessibili e compatibili con le esigenze di guadagno delle imprese e dei padroni, e del mercato. E’ un dato di fatto che anche chi ha la fortuna di avere un lavoro percepisce una retribuzione di sotto il livello di povertà e comunque insufficiente. I lavoratori non hanno più diritto al posto fisso. I licenziamenti individuali sono tornati a essere arbitrari. Per licenziare non sono più necessari giusta causa o giustificato motivo. Con queste norme reintrodotte tutti i lavoratori sono diventati precari, senza un salario adeguato e senza quei diritti conquistati a prezzo di dure lotte. Con queste “riforme” il “datore di lavoro” ha svelato il suo vero volto: Quello di padrone. Addirittura il padronato è tornato a scegliersi gli interlocutori sindacali che più gli aggradano con la complicità fattiva di Cgil, Cisl e Uil che hanno tradito i lavoratori lasciandoli privi di tutela e hanno collaborato con il padronato nell’opera di smantellamento delle conquiste sindacali. Ne sanno qualcosa anche i pensionati le cui pensioni, la maggioranza, sono al di sotto del limite di povertà e scoperte anch’esse da ogni strumento di tutela contro l’inflazione. Se però per alcuni la libertà è diminuita, è aumentata quella degli altri, di quelli che essendo esenti dal bisogno, non hanno la necessità di lavorare alle dipendenze di qualcuno: Essi anzi impongono a tutti i propri voleri e interessi. L’art. 3 della Costituzione recita: ”È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese” E’ quanto sta avvenendo? Se esistono ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza…, a partire dal diritto al lavoro, lo Stato cosa ha fatto finora per l’occupazione? Ha tagliato i salari, pensioni e diritti ha cancellato la scala mobile e annullato lo stato sociale, mentre ha favorito il profitto, la ricchezza e il privilegio di pochi. L’uguaglianza che il padronato e i governi che si sono succeduti intendono realizzare parte proprio da ciò. Il diritto al lavoro dei discriminati si può realizzare solo attraverso il loro arretramento economico, politico e sociale. E’ così che secondo costoro si rispetta il dettato costituzionale. Le leggi Treu e Biagi che precarizzano il lavoro non vanno forse in questa direzione? La “Riforma delle pensioni” ultima quella operata dal Governo Monti, non è forse in linea con questa politica di classe che sposta la ricchezza dalle tasche di molti in quelle di pochi? Rapportare cioè il tenore di vita, le retribuzioni, le pensioni e i diritti alle compatibilità economiche di chi possiede proprietà, alle sue brame insaziabili di arricchimento e profitto, rappresenta la priorità del diritto alla proprietà, alla sua integrità e al suo incremento rispetto a quello di tutti gli altri cittadini privi di proprietà e di mezzi per vivere e quindi condannati per questo al continuo arretramento sociale e alla povertà. L’art. 4 riconosce certo il diritto al lavoro: ”La Repubblica riconosce a tutti i cittadini, il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Nel mentre il diritto alla proprietà e al profitto sono garantiti dallo Stato, questo non avviene per il diritto al lavoro che non è garantito ma solo riconosciuto. Non garantire il diritto al lavoro, significa impedire al singolo cittadino privo di proprietà di essere eguale agli altri a causa delle sue condizioni personali e condannarlo ad una perenne subalternità sociale. Perché nessun Presidente della Repubblica, figura garante della Costituzione, è intervenuto a difesa del diritto al lavoro del singolo cittadino, se questo è lo strumento della sua libertà? In sostanza se esistono differenze economiche e di reddito, questo vuole dire che le libertà e i diritti dei cittadini dipendono solo dalla loro condizione economica e che essi sono detentori di libertà e di diritti differenti, direttamente rapportati alla quantità o meno delle proprietà possedute. In questo modo, l’impegno teorico della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’uguaglianza …. dove va a finire? Si accetta semplicemente la differenziazione sociale come un dato di fatto immutabile. Come d’altra parte è sostanzialmente avvenuto dal 1948 in poi. I principi di uguaglianza della Costituzione si stanno dimostrando per quello che realmente sono: Affermazioni valide ma solamente teoriche e completamente inapplicate. Chi e cosa ha impedito la loro realizzazione? Chi è che cosa ha permesso che della Costituzione prevalesse su tutti gli altri solo il diritto alla proprietà? Si perché è un dato di fatto che è prevalso il diritto alla proprietà. Questo diritto liberista è antitetico con il diritto all’uguaglianza, alla libertà e alla democrazia per i cittadini privi di proprietà. I partigiani hanno combattuto nella Resistenza per realizzare questo? Difendere semplicemente la Costituzione da chi vorrebbe addirittura modificarla in senso peggiorativo, diventa perciò una battaglia perdente di difesa e di retroguardia che oltretutto nega la possibilità di altre forme di stato possibili, a partire dal comunismo. Occorre modificare la Costituzione. Occorre garantire il diritto alla libertà e all’uguaglianza dei cittadini e questo può avvenire solo slegandolo dalle condizioni economiche e sociali. Eliminando pertanto il diritto alla proprietà a partire da quella dei mezzi di produzione.