martedì 8 aprile 2014

Il ministro della Repubblica Guidi paladina della libertà. Di quella dei padroni!

Televideo RAI 8 aprile 2014 GUIDI: "FIAT E' PRIVATA FA COME VUOLE" "Nessuna azienda può essere obbligata per legge a investire, nessuna azienda può essere trattenuta a forza" in Italia e "Fiat è privata e può fare quello che vuole". Bisogna "creare condizioni perché qualsiasi azienda ritrovi un valore aggiunto per investire nel nostro Paese": l’ha detto a "2Next" il ministro dello Sviluppo economico (e delle delocalizzazioni) Guidi. E’ quanto va teorizzando “l’innovativo, giovanile e moderno”, nonché di centro”sinistra” Governo Renzi, attraverso i suoi Ministri, giovani e le innovative donne in quote rosa. Il Ministro, nonché padrone Guidi, ha affermato proprio questo enunciando l’ennesima inedita e innovativa teoria: Le aziende (leggi padroni) non possono essere obbligati a investire e a rimanere a forza in Italia, esse sono libere. Anzi occorre creare un valore aggiunto (leggi abbassare ulteriormente salari e diritti di chi lavora e ultimare la cancellazione dello stato sociale) per convincere le aziende a investire nel nostro Paese. Tutto questo in barba alla tanto decantata, quanto teorica e perennemente inapplicata Costituzione che nell’art. 42 sostiene: “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. Occorrerebbe che il Ministro spiegasse quale è la funzione sociale di una azienda che de localizza o che riduce alla fame i lavoratori sotto il ricatto del lavoro. I ministri saranno anche giovani, i volti in buona parte sconosciuti, le teorie e il pensiero però, sono vecchi e stantii. Sono quelli propri del liberismo di stampo ottocentesco. Non sono ancora sufficienti i salari di fame, i diritti negati, primo fra tutti quello a un lavoro stabile e dignitosamente retribuito. Non è sufficiente il loro continuo e costante arricchimento ottenuto attraverso leggi classiste che tagliano i redditi fissi e premiano i profitti. Non sono sufficienti i tagli sulla spesa pubblica, sanità, scuola, trasporti e servizi. Non bastano le privatizzazioni. Non basta il regime di esenzione fiscale di cui godono i padroni che, miserabili denunciano al fisco redditi inferiori a quelli dei loro dipendenti, nello stesso momento in cui svolgono, su incarico dello Stato, nei confronti dei dipendenti, il ruolo d’implacabili ed esosi sostituti d’imposta. Non bastano i finanziamenti diretti e indiretti. Non basta il meccanismo di cassa integrazione che permette ai padroni, prima di godere dei frutti del lavoro dei dipendenti quando il mercato tira, e poi di scaricarli sulla previdenza e sulla collettività con gli attuali sistemi previdenziali, nei momenti di difficoltà. Non bastano gli scudi, i condoni e i cunei fiscali. Occorre fare di più. Occorre creare un valore aggiunto ulteriore per convincere le aziende a investire i capitali che hanno lucrato sulla pelle dei lavoratori. Capitali che tengono ben stretti e che investono in piena libertà laddove la manodopera costa ancora meno che in Italia, garantendosi così più alti profitti. Ancora non lo dicono ma fra poco proporranno come innovativa la reintroduzione della schiavitù e il ripristino della servitù della gleba. Questa è la loro libertà! La sinistra in tutto questo dov’è? I comunisti dove sono? Non hanno nulla da eccepire? E’ arrivato il momento di smettere di parlare e di praticare l’austerità a senso unico che ci impone il padronato. Questa non è austerità ma oppressione di classe e ingiustizia. E’ arrivato il momento di ricominciare a parlare della libertà: Di quella dei lavoratori, dei pensionati e dei disoccupati. Di una libertà di classe, cioè, che è contrapposta a quella dei ricchi e dei padroni. Della libertà degli sfruttati e dei discriminati che vogliono finalmente vedere riconosciuti i loro diritti e le loro libertà in alternativa ed in sostituzione a quelli del profitto e dello sfruttamento padronale che lucra e affama con il pretesto del bene (il loro) del Paese e che vuole continuare a prosperare sulla pelle dei discriminati.

mercoledì 12 febbraio 2014

10 febbraio giorno del ricordo o dell’oblio?

La giornata del ricordo sulle foibe, voluta da un governo di centrodestra e fatta propria dai partiti di centro”sinistra”, si celebra puntualmente da dieci anni in Italia il 10 febbraio. Essa segue di pochi giorni quella della memoria del 27 gennaio, dedicata alle vittime dell’olocausto nazista. Queste due date diventano l’occasione non per ricordare ma per inculcare negli italiani di oggi su quei fatti, convinzioni distorte e unilaterali, da utilizzare a fini politici e di parte, per sferrare un ennesimo attacco alla Resistenza e ai comunisti che ne furono i principali protagonisti. In queste giornate è sollecitato il ricorso alla memoria per ricordare ai cittadini colpevolmente distolti secondo i promotori, da una sinistra troppo impegnata, a lodare la Resistenza e la lotta Partigiana, lo sterminio di milioni di ebrei e i morti delle foibe. Di queste due occasioni si sono impossessati tutti quelli che hanno combattuto o che avversano più o meno esplicitamente, le idee e i principi che furono alla base della rivolta contro il fascismo e il nazismo. Essi hanno creato ad hoc queste occasioni di ricordo per denigrare e insultare in primo luogo il comunismo e i comunisti e la stessa Lotta di Liberazione. La giornata della memoria si è tradotta nel ricordo pur doveroso dello sterminio di sei milioni di ebrei. L'Olocausto, come genocidio degli ebrei, è identificato anche con il termine Shoah ("catastrofe", "distruzione"). Esso consistette nello sterminio di un numero compreso tra i 5 e i 6 milioni di ebrei, di ogni sesso ed età. Da queste mostruose cifre non emerge però per “dimenticanza” che il numero delle vittime nei campi di sterminio fu enormemente maggiore, pari a circa 15 milioni di morti in pochi anni. ( Enc. Wikipedia) Quando ci si riferisce all’Olocausto perciò si debbono includere anche tutti coloro che venivano considerati nemici o inferiori dai nazisti prima e poi dai fascisti. Di tutti questi il Terzo Reich, in collaborazione con i fascisti nostrani, aveva previsto e perseguito il totale annientamento. Tutte queste vittime non sono da dimenticare, perché oltre gli ebrei furono sterminati gli oppositori politici (primi fra tutti i comunisti), i prigionieri di guerra sovietici, nazioni e gruppi etnici quali Rom, Sinti, Jenisch, gruppi religiosi come testimoni di Geova e pentecostali, omosessuali, malati di mente e portatori di handicap. Limitare o incentrare la memoria su una visione parziale della tragedia e incentrarne il ricordo solo su una, pur drammatica porzione, vuole dire travisare la realtà e farne un uso strumentale politico e fazioso di parte. La giornata del ricordo sulle foibe è usata non per ricordare chi scatenò il secondo conflitto mondiale e prima ancora persecuzioni, assassini, arresti e deportazioni, e discriminazioni. Non è fatta per ricordare quali furono le dottrine alla sua base, quali i metodi e gli episodi e quante le vittime della guerra in generale o in particolare in Italia. Le vittime che invece devono essere ricordate nel giorno del ricordo, sono solo quelle in particolare causate “dai partigiani comunisti jugoslavi di Tito" così è detto da tutti i mezzi di comunicazione. Il ricordo consiste specificatamente nel sottoliniare la “ferocia” astratta dei comunisti che invece di contribuire con un altissimo contributo di sangue alla lotta contro la barbarie nazista e fascista, diventano massacratori di povere vittime italiane. Tutto questo è accompagnato da immagini e “testimonianze” crudeli che ogni episodio di guerra può evocare. Il metodo è quello di affrontare e discutere di singoli episodi di guerra astraendoli dal contesto in cui essi si sono svolti. Al di la dei fatti e dei numeri che sono largamente interpretabili e che variano secondo le lenti che usa chi legge la storia, quello emerge è il tentativo di controbilanciare le iniziative e le ricorrenze della Resistenza a partire da quella del 25 aprile. Leggendo la storia a suon di giornate del ricordo parziali quello che si evidenzia è il tentativo subdolo e inaccettabile di dimostrare che se i fascisti erano dei violenti ed hanno fatto cose orrende, ma di cui nell’occasione del ricordo non c’è traccia, anche i comunisti e i partigiani non scherzavano, anzi erano, al pari dei fascisti, anche loro responsabili di eccidi e massacri indiscriminati. Con il preciso scopo di accreditare l’idea secondo cui la violenza era bipartisan e che conseguentemente se tutti erano colpevoli nessuno lo era. Esistono guerre giuste? E’ questa una domanda cui è difficile rispondere. Certamente è legittimo lottare e combattere per la libertà, contro l’oppressione, contro l’ingiustizia e la prevaricazione e contro la violenza e lo sterminio. Non è invece legittimo imporre con le armi e con la forza e la violenza il proprio interesse e volontà. Furono proprio queste però le basi del nazismo e del fascismo: La negazione dell’uguaglianza e dei diritti di tutti gli uomini e le politiche razziste conseguenti; l’intolleranza verso le diversità politiche, religiose, sessuali, etniche, ecc; la legittimazione della violenza e la conseguente teorizzazione dell’eliminazione cieca e fisica del diverso o dell’avversario; il diritto imperialista e prepotente di assoggettare con la forza delle armi interi popoli e nazioni privandoli della libertà per crearsi posti al sole, ecc. E’ proprio attraverso la guerra e la violenza, incuranti della ragione, che i fascisti e i nazisti, volevano imporre le loro teorie e dottrine. Questi sono stati alcuni i cardini sui quali i fascisti e i nazisti scatenarono la violenza e la guerra. Guerra che provocò la morte violenta di 71.090.060 persone (enc. Wikipedia), fra vittime, la stragrande maggioranza, e carnefici. Ogni guerra è sopraffazione di una parte sull’altra, non vince chi ha ragione ma chi è più forte, la guerra è morte e distruzione non un ricevimento o una occasione mondana dove si sfoggia eleganza e cortesia. Contro tutto ciò è stato giusto e legittimo combattere .Hanno fatto bene allora i Partigiani ed i Comunisti a prendere le armi contro la barbarie nazi-fascista. I fascisti ed i nazisti portano interamente sulle proprie spalle la responsabilità morale, etica e politica di quello che è accaduto, coloro che la guerra hanno teorizzato, voluto e fatto. I partiti politici italiani e le massime cariche dello Stato, al Senato della Repubblica nata dalla Resistenza non hanno avuto di meglio da fare invece che ricordare come atto di ricordo, in seduta solenne con tanto di violino, i soli morti dimenticati delle foibe, sterminati “dai partigiani comunisti jugoslavi di Tito"! La lotta e la guerra per la libertà, non sono state un capriccio per chi è stato costretto a parteciparvi, ma la forma più alta di un impegno sociale e civile di chi mette la propria vita al servizio di un ideale di civiltà e di libertà, ma la guerra è comunque violenza. Qualunque eccesso è rigorosamente da evitare ed è condannabile. Certamente però non mistificando o usando la storia, a distanza di decine di anni per fini politici legati alla realtà del momento. E’ ciò che con questi ricordi di memoria corta e di parte si sta facendo con il solo e unico scopo di attaccare ancora una volta direttamente e apertamente i comunisti e in forma più mascherata la Resistenza.