lunedì 29 aprile 2013

Capitalismo reale

Bangladesh MORTE NELLA FABBRICA DEI NOSTRI JEANS. Oltre 300 operaie uccise. L'edificio formicaio chiamato Rana Plaza, secondo alcune fonti era omologato per cinque piani ( tre abusivi), dentro di esso operavano cinque ditte (in tutto 3.122 dipendenti, in gran parte donne) con produzione di 3 milioni di capi di abbigliamento all'anno per grandi (e piccoli) marchi occidentali, dall'Inghilterra agli Usa (dall'Italia Benetton ha smentito ogni rapporto con le ditte coinvolte nel crollo). In qualche modo la Phantom, una delle cinque ditte, e le sue migliaia di sorelle (il Bangladesh è il secondo esportatore al mondo di tessile dopo la Cina) sono davvero aziende «fantasma», di cui tutti (autorità, committenti, clienti) si dimenticano fino a quando non accade una nuova tragedia. Le fabbriche-formicaio sono spesso ricavate da palazzine pseudo-residenziali, con vie di uscita inadatte o chiuse dall'esterno per impedire l'allontanamento dei lavoratori e delle lavoratrici. Nel palazzo si producono le T-shirt e i jeans che troviamo nei nostri negozi o a prezzi scontati o magari con la griffe e prezzi altissimi, l'orario di lavoro può lievitare dalle 8 ore di contratto alle 18 a ridosso della consegna, con uno stipendio (talvolta di 30 euro) che non è certo ogni mese. Il giorno prima del crollo sulle pareti del Plaza erano apparse crepe minacciose, nonostante ciò i manager delle ditte di abbigliamento avevano diffuso messaggi rassicuranti: “Venite a lavorare, tutto a posto” aggiungendo però una minaccia più grande di una crepa: “Altrimenti vi lasciamo a casa e vi scordate gli arretrati”. Il risultato è che allo stato attuale si contano 381 morti e sono calcolati circa 600 dispersi in gran parte donne. Le aziende occidentali che si riforniscono in Bangladesh a ogni tragedia rispondono lanciando proclami per condizioni di lavoro migliori. Anche questa volta dall'estero è arrivata una raffica di condoglianze e dinieghi che sembrano fatti apposta per non sporcarsi l'immagine e, passata l’emozione e lo sdegno del momento, tutto come prima per continuare a intascare i denari lucrati sulla pelle delle lavoratrici. Lo scorso novembre un incendio bruciò vive 112 operaie che facevano golf e calzoncini per il mercato estero. Altri 41 «incidenti» si sono si sono susseguiti nel 2013. L'Europa è il maggior mercato del tessile prodotto in Bangladesh. Quello che emerge da eventi di questo genere è che sono calpestate tutte le norme e precauzioni a difesa della salute e dell’incolumità di ci lavora. Per 18 ore di lavoro sono corrisposti circa 30 €, pari a circa 0,075 € l’ora, per produrre beni che poi sono venduti in occidente a prezzo di mercato, garantendo così agli “imprenditori” profitti altissimi. Queste vicende fanno emergere con brutalità il vero volto del capitalismo e i mezzi che esso mette in piedi per aumentare i propri profitti. Essi sono quelli di sempre. Quelli che si manifestarono agli albori della prima rivoluzione industriale: Giornate di lavoro lunghissime ed estenuanti in condizioni inumane, anche per donne e bambini, salari di fame e, in conclusione schiavitù. In queste realtà la vita di chi lavora vale meno di niente. Quali considerazioni possono essere fatte a questo punto: 1) Queste attività erano svolte prima nei paesi occidentali; 2) Sono state de localizzate in aree povere sfruttando manodopera affamata e disponibile; 3) Conseguenza a tutto ciò la chiusura progressiva e inesorabile, nei paesi “sviluppati” di aziende simili che hanno preferito trasferire le loro attività in aree a più basso costo di manodopera (delocalizzazioni selvagge operate dal padronato italiano con in testa la Fiat); 4) Incremento verticale della disoccupazione nelle aree abbandonate da queste ditte. La risposta che a questa politica aggressiva dei pescecani padronali (altro che datori di lavoro) è stata data, nei paesi capitalisti e in Italia è stata esemplare: Mano libera, e quindi nessun ostacolo alle imprese per le delocalizzazioni e politica di riduzione drastica dei salari e degli oneri riflessi (contributi previdenziali, ecc.). I salari non sono stati ridotti in cifra ma in potere di acquisto. Questo è stato possibile grazie a sindacati concertativi e alla sinistra nostrana, che hanno cancellato e rinnegato gli interessi dei lavoratori e si sono schierati per il mercato e il profitto concordando e concedendo ai loro alleati padronali l’azzeramento del meccanismo di difesa delle retribuzioni davanti all’inflazione. La scala mobile o contingenza. La politica di tradimento dei sindacati e dei partiti della cosiddetta sinistra è proseguita con la svendita dei contratti nazionali di lavoro e gli aumenti di salari irrisori, l’art. 18, le leggi Treu e Biagi, le controriforme previdenziali, ecc. La ricetta che costoro hanno portato avanti, per compiacere il padronato, è stata solo quella di abbassare i salari e le condizioni di lavoro dei lavoratori italiani per renderle competitive con quelle di aree del terzo mondo dove i lavoratori sono totalmente privi di ogni tutela e ridotti allo stato di schiavitù. Questo è il libero mercato. Libero per chi? Non certo per chi lavora, costretto a sottostare a salari di fame, contratti di lavoro capestro, licenziabile in ogni momento senza giusta causa, totalmente flessibile al profitto padronale, senza ferie, malattia, festività, maternità, disoccupazione, liquidazione, pensione a 70 anni, ecc. avendo come alternativa le delocalizzazioni e la disoccupazione. A questo il sindacato e la sinistra asservita alle ragioni del profitto stanno lavorando da troppo tempo indisturbati. La libertà del mercato e del padrone corrisponde alla sottomissione e mancanza di libertà per chi è costretto a sottostare a questo meccanismo di sfruttamento, prepotenza e prevaricazione. L’unica risposta che si può dare a tutto questo è acquisire la consapevolezza che il capitalismo significa, oggi come ieri, prepotenza, prevaricazione, discriminazione e sfruttamento per chi lavora dalla lotta di classe, questo è il mercato. Occorre pertanto ripartire da questa consapevolezza di classe perché gli interessi dei padroni, dei privilegiati e dei loro cortigiani non sono gli stessi di quelli dei discriminati ma configgono irriducibilmente con questi. Solo quando prenderemo coscienza di tutto ciò potremo finalmente iniziare una nuova stagione di lotta e di riscossa sociale.

domenica 28 aprile 2013

Ci siamo

Hanno fatto finta di litigare, hanno imbrogliato spudoratamente per vent’anni gli italiani fingendo di essere fra loro alternativi ma hanno sempre lavorato per le stesse politiche classiste e padronali che sono servite a depredare i lavoratori dei loro salari, i pensionati delle loro pensioni, i giovani del loro presente e del loro futuro e tutti dei loro diritti e delle loro libertà civili, sociali e del lavoro. I partiti della cosiddetta sinistra italiana hanno collaborato con i partiti della destra per determinare l’impoverimento dei discriminati che sono sempre più strozzati da un fisco di classe agevolato dal sostituto di imposta, mentre hanno elargito, tutti insieme, finanziamenti a piene mani alle banche e a imprenditori privati cui hanno permesso esenzioni ed evasioni fiscali legalizzate, condoni, scudi e privilegi vari. Essi hanno sostituito indisturbati e incontrastati oltretutto, alle politiche sociali quelle militari e di guerra, proprie del capitalismo e dell’imperialismo. E’ prosperata la corruzione che è insita e propria del sistema capitalista e del libero mercato. Essa riguarda in forme sempre più insultanti gli imprenditori ed i ricchi corruttori e i partiti dell’intera area governativa, sempre più impegnati a cancellare le residue forme di “democrazia”. Il voto popolare non conta nulla: I referendum sono ignorati ( energia nucleare, finanziamento ai partiti, acqua pubblica, ecc), e le “coalizioni” che si presentano alle elezioni, con i loro roboanti programmi elettorali, sono cancellate subito dopo. Le istituzioni sono umiliate ed i massimi rappresentanti delle istituzioni della Repubblica, nata dalla Resistenza sono piegati agli interessi e ai giochi speculativi di banche e imprenditori più o meno grandi. La classe padronale ed i privilegiati di tutti i colori spadroneggiano e si arricchiscono mentre affamano il popolo e costringono gli sfruttati e gli oppressi alla fame, alla miseria gettandoli nella disperazione più nera perché negano loro qualsiasi prospettiva futura. I ricchi, le banche, gli imprenditori ed i loro politici di ogni “colore” costituiscono la neo classe di privilegiati che opprime e discrimina tutti gli altri ceti e classi facendo passare per interessi generali e di tutti i loro comodi e le loro convenienze. Oggi la classe dei privilegiati e dei padroni non ha più bisogno di partiti che fingano di litigare fra di loro, mentre invece vanno sottobraccio, perché sono riusciti a convincere i cittadini che alla situazione attuale e a questo quadro politico non c’è alternativa, perlomeno al momento. Quindi basta centrodestra e centro”sinistra”, non c’è più bisogno della maschera, del resto le politiche dei vari governi “tecnici” che si sono succeduti (Amato, Dini e Monti) e dei governi “politici” (Prodi, Berlusconi ed ora Letta)si sono alternati in perfetta identità, sintonia e continuità nelle loro politiche economiche e sociali, tutelando gli stessi interessi e gli stessi ceti sociali privilegiati a danno delle masse popolari. Allo stato attuale non c’è alternativa. I partiti che ancora si definiscono di sinistra come Sel o fanno riferimento al comunismo, come Rifondazione ed il Partito dei comunisti italiani, non mettono in discussione il capitalismo, il mercato e la proprietà dai mezzi di produzione. In due decenni di restaurazione di classe padronale essi si sono confusi in dialoghi “unitari” col Pd cui hanno testardamente e colpevolmente continuato ad attribuire una collocazione a sinistra. Sel si è candidata alle elezioni con il Pd e Rifondazione ed il Pdci hanno dubitato fino all’ultimo se partecipare o meno alla demagogica farsa delle primarie. Queste aggregazioni sono palesemente interclassiste e più arretrate dello stesso Partito socialista riformista di Nenni Esse hanno cancellato dal loro agire la lotta di classe ed hanno sostituito ad essa il politicismo esasperato. Al conflitto economico e sociale hanno sostituito generiche battaglie “progressiste” sui diritti sociali o sull’ambiente, senza dare loro una lettura classe. Questi partiti non sono stati capaci di difendere minimamente gli interessi degli sfruttati, che hanno condannato, con le loro analisi ed il loro agire, ad una serie ininterrotta di sconfitte e di arretramenti. Esse hanno la responsabilità di non aver saputo o voluto affrontare lo scontro di classe in atto su basi marxiste impedendo così ai discriminati di disporre di uno strumento di analisi diverso e alternativo su basi sociali. Tutto questo è avvenuto in momento in cui lo scontro di classe si è accentuato ed in cui avrebbe dovuto essere più semplice la denuncia. La crisi di questi anni avrebbe dovuto far crescere consensi ed adesioni verso di loro. Questo non è avvenuto perché ne Rifondazione, ne il Pdci e ne tantomeno Sel sono stati percepiti come diversi dal sistema, come è invece avvenuto, a torto o a ragione, con il Movimento cinque stelle che almeno oggi e con tutte le sue contraddizioni è percettibilmente alternativo al sistema ed ai suoi giochetti. I gruppi dirigenti di queste formazioni si sono completamente inglobati nel meccanismo politico parlamentare ed ai meccanismi di potere di classe a questo collegati. Sostituire, a questo punto, ai loro fallimenti ed alle loro responsabilità, una neo politica “unitaria” che porti ad unire le debolezze di Sel, Rifondazione e Pdci servirebbe solo a prorogare l’agonia. Oggi più che mai c’è bisogno di un partito Comunista che stia veramente dalla parte dei discriminati e della loro classe e che alle analisi fumose ed interclassiste, di salotto o pseudointellettuali sostituisca la lotta di classe e gli interessi dei discriminati schierandosi contro l’ingiustizia, la discriminazione sociale e il privilegio insita nel mercato e nel sistema capitalista. Nel momento in cui sparisce, anche formalmente, ogni differenza fra false sinistre e destra si possono creare le condizioni per las ricostruzione della lotta e della vera alternativa sociale e di classe.