sabato 7 gennaio 2012

Ragionando sul privilegio, la disuguaglianza, l’ingiustizia e le classi sociali

Il privilegio è un vantaggio concesso a una singola persona, a un gruppo o a una comunità di persone. Il privilegio esclude tutti quelli che non detengono il vantaggio stesso.
Il privilegio o i privilegi sono espressione dell’esistenza della disuguaglianza fra i cittadini perché non detentori dello stesso diritto.
Quando le persone o gruppi o le classi vantano in maniera stabile e consolidata un diritto diverso, non c’è solo disuguaglianza, ma ingiustizia sociale, perché alcuni hanno uno status superiore e migliore precluso agli altri.
E’ quanto sta succedendo in Italia e nei paesi capitalisti, dove il trattamento riservato ai cittadini è diverso e improntato a situazioni di diritto più vantaggioso per alcuni e più svantaggioso per tutti gli altri. Se, ad esempio, le norme per accedere ai trattamenti pensionistici sono diverse, come avviene per i parlamentari, allora c’è privilegio, discriminazione e quindi disuguaglianza.
Se l’apporto economico allo stato attraverso le tasse è più basso e incide di meno per chi possiede di più, e incide di più per chi possiede di meno, allora c’è privilegio e discriminazione. Se la maggior parte dei cittadini paga le tasse attraverso il sostituto d’imposta, quindi in maniera anticipata a prescindere dalla volontà, mentre altri non hanno tale soggetto e quindi pagano a consuntivo e solo quando ritengono di farlo, allora c’è privilegio.
Se alcuni cittadini possono adeguare liberamente, e a proprio piacimento, i propri guadagni in base alle leggi del mercato, mentre altri devono “contenerli all’interno di un’inflazione” non reale ma programmata, allora c’è privilegio.
Alcuni hanno la possibilità e il diritto di assumere o licenziare o meno altri cittadini, in base alla loro convenienza e piacere. Essi possono determinare o meno, per altri cittadini, le condizioni economiche sufficienti per la loro libertà ed emancipazione sociale. La Costituzione italiana sancisce infatti nell’art. 3 che:”Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Non sono i primi cittadini detentori di un privilegio enorme rispetto i secondi?
Se a un imprenditore vuole, può de localizzare (per aumentare i suoi guadagni) e licenziare (quindi privare i lavoratori dei mezzi necessari per i propri bisogni e libertà), oppure precarizzare il lavoro, cancellare diritti, regole o contratti di lavoro. Ai lavoratori non resta altra strada che subire e pagare. Si pone allora anche qui, un problema di privilegio, discriminazione e disuguaglianza?
Il ceto politico e il padronato, entrambi appartenenti alla classe dei privilegiati, pretendono e decidono, in base ad un presunto superiore interesse nazionale, che poi è il loro interesse, che i lavoratori a reddito fisso siano costretti ad accettare licenziamenti, cassa integrazione, disoccupazione, sottosalario, precarizzazione del lavoro, pensioni di fame a età sempre più avanzata, tasse esorbitanti, anche se questo limita fortemente la loro condizione economica e la loro libertà. Si guardano bene, però, dall’intaccare le loro condizioni di privilegio e anche se riducono alla fame i cittadini, continuano ad arricchirsi sempre più sfacciatamente. Essi godono di enormi profitti, prebende, rendite e di un sistema fiscale che offre loro scappatoie, condoni e scudi fiscali, traendo enormi vantaggi rispetto a tutti gli altri cittadini. Insultando oltretutto i discriminati tentando di far credere loro che tutto ciò sia giusto, normale e nel loro stesso interesse.
La pace sociale e la coesione e l’interesse nazionale basati sul privilegio, la discriminazione, la disuguaglianza e l’ingiustizia sono un imbroglio perché non sono convengono a tutti, ma solo a pochi appartenenti tutti alla stessa classe perché a godere della situazione è sistematicamente uno stesso insieme di persone e a essere discriminato è sempre lo stesso altro insieme di persone. Si realizza così uno stabile dominio de privilegiati. Essi, attraverso le loro leggi legittimano e legalizzano questo stato di cose, facendo passare le proprie convenienze come legge e bene supremo del Paese. Realizzando un dominio o dittatura di classe.
Battersi contro questo stato di cose, denunciare il privilegio e le discriminazioni sociali e lottare contro di esse, non è antipolitica, come sostengono in maniera subdola e interessata, alcuni falsi democratici, che danno demagogicamente ad intendere di essere contro l’ingiustizia e per l’uguaglianza, ma poi, con la loro politica di mercato, di compatibilità, di sacrifici a senso unico, di privatizzazioni e liberalizzazioni, e con il loro voto, si fanno portatori degli interessi dei privilegiati, dei padroni e della classe dominante cui hanno scelto di appartenere.
Battersi contro questo stato di cose significa riprendere la bandiera e la lotta per l’uguaglianza, per i diritti dei discriminati, per la libertà e la democrazia.

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