domenica 14 ottobre 2012

I “tecnici” contro i lavoratori

La situazione politica in Italia sembra ferma. I partiti presenti in Parlamento sembrano impegnati solo a contrabbandare la propria onestà e a denunciare l’altrui disonestà o a giurare la propria fedeltà al Governo Monti e alle sue “riforme”. Riforme che dicono indispensabili a “salvare l’Italia”, nel tentativo di conquistare nonostante tutto consensi dai cittadini e di accreditarsi come i migliori esecutori della politica economica voluta dalle banche e dai finanzieri. In realtà la situazione si evolve rapidamente attorno alla politica neoliberista dei “tecnici” e se apparentemente “la politica” si occupa di screditare ulteriormente i partiti italiani, in realtà mira a tutt’altro. I recenti odiosi scandali politici e il pretesto di ridurre le spese (la democrazia è un lusso che non ci possiamo più permettere) agevolati dal rigetto generale dei cittadini verso i partiti, consentono, in questi giorni, l’opera di demolizione dell’impianto amministrativo decentrato dello Stato, allontanando le istituzioni con i luoghi di decisione dai cittadini e riducendo ancora le residue forme di partecipazione alla vita amministrativa. Stravolgere regole e prassi consolidate non è una novità. Lo stesso governo Monti è stato nominato, i suoi programmi e le sue “riforme” non hanno alcun mandato elettorale. Questo non ha impedito di modificare leggi fondamentali a prescindere da qualsiasi mandato popolare nel merito, ma solo in base a presunti costi contabili e grazie a un’opinione pubblica disgustata da tante ruberie e quindi indifferente. Per il decentramento amministrativo, come per la presunta “riforma elettorale” sta avvenendo quello che è accaduto per la “riforma previdenziale” e per la “riforma del mercato del lavoro”. Leggi e regole di civiltà sono state affrontate e demolite solo in base alla logica dei conti, del rigore e dell’austerity a senso unico. La loro cancellazione autoritaria è avvenuta con la collaborazione fattiva anche dell’ex opposizione. Queste “operazioni politico-economiche” per “salvare” l’Italia stanno avvenendo senza alcuna partecipazione e coinvolgimento degli interessati. A un governo di tecnici nominato da partiti, che fingono di litigare fra loro e poi votano le stesse leggi antipopolari, fanno contorno sindacati ufficiali che, anche loro, fingono di contrastare la politica antipopolare in atto, mentre in realtà la agevolano e condannano i lavoratori a subire nei posti di lavoro e nel Paese mentre i padroni hanno mano libera. Il sindacato, da parte sua, ha assoggettato i lavoratori alle regole del mercato e della competitività capitalista, permettendo l’azzeramento dei loro diritti e delle loro libertà nei posti di lavoro e poi nella società, e quindi l’affermarsi della politica padronale. Siamo alla democrazia del mercato, della competitività e delle banche, alla democrazia di lor padroni che con la loro prepotenza fanno diventare legge quello che loro interessa e conviene. Quest’apparato padronale-finanziario-politico-sindacale che “tratta le masse come capre, tosando e macellando l’eccedenza”, nella sua arroganza, certo di non doverne mai rispondere, arriva nella sua tracotante sicurezza a deridere i discriminati. E’quello che sta avvenendo con la legge di stabilità, in base alla quale vogliono far credere di stare a diminuire le tasse mentre le aumentano e mentre tagliano ancora la sanità. Non contenti di tutto ciò, oggi continuano imperterriti nella loro politica autoritaria di restaurazione per imporre più agevolmente la loro democrazia e la loro politica elitaria. Stesso discorso merita il tentativo in atto da parte di Confindustria e soci che “propone”, naturalmente per salvare l’Italia, una trattativa sulla produttività (non sull’occupazione) con il solo scopo di aumentare i ritmi di lavoro, e con essi i profitti padronali attraverso un accresciuto sfruttamento della manodopera. Questo vuole dire, tanto per fare un esempio, che se un operaio della Fiat vuole continuare a lavorare deve accettare condizioni contrattuali uguali a quelle che l’azienda impone in Serbia: 320 euro al mese per 12 ore al giorno di lavoro e senza diritti. E la Fiat ha sempre tracciato la strada. Altro che datori di lavoro, sono invece prenditori di profitto e ladri di sudore. Se questo è il quadro (seppure sommario), non si può negare che siamo di fronte ad un tentativo neoautoritario, liberista, questo si di destra, che ha lo scopo di imporre una “uscita dalla crisi” sulla strada del liberismo quella che più conviene a lor signori che in crisi non sono mai stati. I padroni e i finanzieri hanno così campo libero per mettere definitivamente al centro della vita economica, politica e sindacale, l’azienda e i suoi interessi. Mente sapendo di mentire chi afferma che quella attuale è una politica di rigore che riguarda tutti. Mente perché il rigore è a senso unico, poi non riguarda tutti. Non riguarda i padroni e le banche che ricevono finanziamenti dalla Bce, dallo Stato, che de localizzano, che precarizzano, che cancellano contratti di lavoro e diritti dei lavoratori con il solo scopo di aumentare i propri profitti. Mente perché alla fase attuale di sacrifici, per i lavoratori, non seguirà un periodo migliore di sviluppo. Tutta la loro politica ha come obiettivo la riduzione delle libertà, dei diritti e dei salari di lavoratori e pensionati per affermare le libertà e i privilegi economici a finanzieri, speculatori e imprenditori. Si tratta della loro politica di classe, nella quale i voleri, i desideri e gli interessi del mercato e dei suoi sodali, sono contrabbandati per generali e di tutti. Va denunciata la natura classista di questa politica del Governo di tecnici e soci. Essi non sono super partes ma apertamente schierati a tutela degli interessi dei potenti e dei padroni. E’ su una forte base classista che va rilanciata l’iniziativa e la lotta per gli interessi dei lavoratori e dei discriminati. Interessi che sono alternativi a quelli delle banche e dei padroni. L’assenza di un’impostazione di classe, chiara, percepibile a livello di massa, determina lo stato di disorientamento e rassegnazione dei discriminati davanti a tutte le manovre in atto e rafforza l’opera dell’avversario di classe. Le forze veramente di sinistra devono interpretare con questo metodo la fase in atto e il malessere esistente. E’ questo l’unico modo per contrastare e battere l’attuale politica antipopolare cui non si è ancora potuta contrapporre una cosciente e adeguata iniziativa popolare di massa. Chi se non i comunisti può fare ciò?

Nessun commento:

Posta un commento