martedì 5 febbraio 2013
FIAT, LANDINI: PRONTI A AZIONI LEGALI
"La scelta di Fiat di pagare 19 lavoratori purché non lavorino conferma come sia in atto un’esplicita politica di discriminazione nei confronti dei lavoratori che scelgono di iscriversi alla Fiom". Così il segretario Fiom Landini che parla di "schiaffo alla dignità dell'Italia".
Quello della Fiat, dice, è "un atto di arroganza inaccettabile di fronte al quale la Fiom pensa a azioni giuridiche e sindacali". Quello con la Fiat "non è più un problema sindacale, perché si violano le leggi e la Costituzione: governo e forze politiche intervengano, il silenzio non è più accettabile".E su Fabbrica Italia: "Non errore ma truffa".
Questo comunicato è presente sul Televideo Rai di oggi. Si riferisce alla volontà della Fiat di proseguire nella sua scelta padronale di estromettere da Pomigliano tutti coloro (lavoratori e sindacati) che ostacolano i suoi interessi e autorità.
E’ in atto una discriminazione nei confronti degli iscritti fiom, che sono stati reintegrati dal Giudice del lavoro, ma che, poi, non solo non sono stati ripresi al lavoro ma sono stati umiliati nella propria dignità dall’obbligo imposto dalla Fiat di dover ricevere il proprio salario senza lavorare.
Attraverso il suo comportamento, la Fiat, storico capofila del padronato italiano, vuole far capire chiaramente a tutti i lavoratori, chi veramente comanda in fabbrica e nel Paese.
La protervia e la prepotenza della Fiat ricordano quella del padronato precedente alla prima rivoluzione industriale. Quando cioè la legge non permetteva il diritto di associazione sindacale perché ai lavoratori non era consentito organizzarsi per difendere i propri interessi, pena il licenziamento e la galera.
Oggi il padronato tollera la presenza di sindacati in azienda ma solo di quelli asserviti e sottoposti alle sue volontà e interessi. Le leggi, sempre più sfavorevoli ai lavoratori, le sentenze e la stessa Costituzione sono per il padronato carta straccia e le istituzioni cui spetta il compito di intervenire, non lo fanno e tacciono. Per convenienza e complicità.
Finora non si è vista infatti alcuna “autorità” costituita intervenire a difesa dei discriminati nonostante masse crescenti di lavoratori e di giovani siano costretti alla disoccupazione, alla precarietà o a salari indecenti e indecorosi, per far applicare i dettami (teorici) previsti dalla Costituzione. L’art. 3 ad esempio recita: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, ancora l’art.4 “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”, o l’art 36: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa” per citarne alcuni senza poi parlare delle disposizioni Costituzionali in materia di “libertà” e diritto “libero” di associazione sindacale.
Mantenere i lavoratori, reintegrati dal Giudice, a casa rappresenta il manifesto politico e il messaggio sonoro del padronato in Italia che spiega a chiare note chi veramente comanda nel Paese, chi fa e applica le leggi.
Siamo arrivati a questo punto grazie a sindacati che hanno tradito il proprio ruolo e a una “sinistra” che ha mantenuto in qualche caso un riferimento nominativo alla vera sinistra storica, ma che ha poi accettato, in forma più o meno esplicita il mercato, il liberismo e l’interclassismo, ed ha dimenticato o cancellato dal suo orizzonte politico, la lotta di classe e il superamento della proprietà privata dei mezzi di produzione, unico strumento per la costruzione di una società nuova di liberi e uguali.
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