E’ quanto ha affermato il Presidente della Repubblica davanti ai dati “preoccupanti” (per chi?) riguardanti l’andamento dei mercati finanziari. Ha solidarizzato subito la responsabile e patriottica presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che ha sostenuto testualmente: ” "In un momento difficile come questo, dove tutti i Paesi europei, e anche l'Italia, sono chiamati a gestire situazioni complesse anche per le turbolenze dei mercati finanziari, credo sia opportuno riunirsi intorno ai simboli del nostro Paese e lavorare tutti assieme nella stessa direzione per difenderlo e costruire un futuro migliore per i nostri figli". Al coro di afflato nazionale si aggiunge in ultimo Bersani, segretario del Partito democratico, che rilancia: "Siamo di fronte a passaggi delicati che devono consigliare serietà e il rifiuto delle speculazioni. Invita la Ue e il governo italiano a occuparsi di crescita e lavoro, per un messaggio di solidità ai mercati. La manovra? Alla nostra disponibilità a collaborare il governo non risponde mai con i fatti".
Il quadro è completo, i nostri nazional-rappresentanti, ognuno per le sue responsabilità, chiamano il popolo italiano a lavorare tutto assieme e tutto unito in un medesimo destino e condizione, nella stessa direzione, per salvare il Paese e costruire un futuro migliore per i nostri figli.
I figli di chi? Dei capitalisti nostrani, forse, che non solo non hanno sentito alcuna crisi, ma anzi hanno continuato ad accumulare ricchezza proprio mentre impoverivano i redditi fissi e precarizzavano i giovani, derubandoli del loro futuro e depredandoli della libertà. O ancora delocalizzando aziende per risparmiare sui salari approfittando sulla fame di lavoro. Cancellando, grazie a sindacati compiacenti, diritti di civiltà e libertà consolidati costati lacrime e sangue.
Quale destino comune hanno dunque da spartire i loro figli con quelli degli operai, impiegati, pensionati, disoccupati e sottoccupati?
Oppure i figli dei parlamentari italiani che continuano, anche loro, a godere di trattamenti e privilegi scandalosi, che si guardano bene dal ridimensionare mentre, con le varie manovre economiche, tagliano a tutti gli altri cittadini pensioni, impongono tasse e ticket, chiudono ospedali da una parte e concedono scudi fiscali o si confezionano leggi su misura dall'altra?
Di quale Paese parlano? Di un paese dove continuano da sempre a convivere il privilegio e la discriminazione sociale, la ricchezza più sfrontata e la fame più nera, il lusso e il lavoro precario o la disoccupazione. E’ per salvare questo Paese che si chiamano a raccolta indifferentemente tutti a prescindere dalla collocazione sociale e dal proprio stato economico?
Qual è allora il senso di questi poco credibili e accorati appelli? Quello di costruire una linea di condotta comune tra maggioranza e “opposizione” parlamentare, padronato e sindacati concertativi, istituzioni e popolo che, senza intaccare il privilegio della loro condizione, faccia digerire ai cittadini una “nuova politica di rigore” (a senso unico) nuovi sacrifici, nuove tasse, nuovi tagli allo stato sociale e nuove politiche sindacali, più compatibili ancora con l’interesse superiore del Paese.
Di quale Paese? Il loro.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento