lunedì 11 luglio 2011

Coesione, oggi più che mai (?)

E’ quanto ha affermato il Presidente della Repubblica davanti ai dati “preoccupanti” (per chi?) riguardanti l’andamento dei mercati finanziari. Ha solidarizzato subito la responsabile e patriottica presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che ha sostenuto testualmente: ” "In un momento difficile come questo, dove tutti i Paesi europei, e anche l'Italia, sono chiamati a gestire situazioni complesse anche per le turbolenze dei mercati finanziari, credo sia opportuno riunirsi intorno ai simboli del nostro Paese e lavorare tutti assieme nella stessa direzione per difenderlo e costruire un futuro migliore per i nostri figli". Al coro di afflato nazionale si aggiunge in ultimo Bersani, segretario del Partito democratico, che rilancia: "Siamo di fronte a passaggi delicati che devono consigliare serietà e il rifiuto delle speculazioni. Invita la Ue e il governo italiano a occuparsi di crescita e lavoro, per un messaggio di solidità ai mercati. La manovra? Alla nostra disponibilità a collaborare il governo non risponde mai con i fatti".
Il quadro è completo, i nostri nazional-rappresentanti, ognuno per le sue responsabilità, chiamano il popolo italiano a lavorare tutto assieme e tutto unito in un medesimo destino e condizione, nella stessa direzione, per salvare il Paese e costruire un futuro migliore per i nostri figli.
I figli di chi? Dei capitalisti nostrani, forse, che non solo non hanno sentito alcuna crisi, ma anzi hanno continuato ad accumulare ricchezza proprio mentre impoverivano i redditi fissi e precarizzavano i giovani, derubandoli del loro futuro e depredandoli della libertà. O ancora delocalizzando aziende per risparmiare sui salari approfittando sulla fame di lavoro. Cancellando, grazie a sindacati compiacenti, diritti di civiltà e libertà consolidati costati lacrime e sangue.
Quale destino comune hanno dunque da spartire i loro figli con quelli degli operai, impiegati, pensionati, disoccupati e sottoccupati?
Oppure i figli dei parlamentari italiani che continuano, anche loro, a godere di trattamenti e privilegi scandalosi, che si guardano bene dal ridimensionare mentre, con le varie manovre economiche, tagliano a tutti gli altri cittadini pensioni, impongono tasse e ticket, chiudono ospedali da una parte e concedono scudi fiscali o si confezionano leggi su misura dall'altra?
Di quale Paese parlano? Di un paese dove continuano da sempre a convivere il privilegio e la discriminazione sociale, la ricchezza più sfrontata e la fame più nera, il lusso e il lavoro precario o la disoccupazione. E’ per salvare questo Paese che si chiamano a raccolta indifferentemente tutti a prescindere dalla collocazione sociale e dal proprio stato economico?
Qual è allora il senso di questi poco credibili e accorati appelli? Quello di costruire una linea di condotta comune tra maggioranza e “opposizione” parlamentare, padronato e sindacati concertativi, istituzioni e popolo che, senza intaccare il privilegio della loro condizione, faccia digerire ai cittadini una “nuova politica di rigore” (a senso unico) nuovi sacrifici, nuove tasse, nuovi tagli allo stato sociale e nuove politiche sindacali, più compatibili ancora con l’interesse superiore del Paese.
Di quale Paese? Il loro.

Nessun commento:

Posta un commento