domenica 13 marzo 2011

La difesa della Costituzione e i diritti dei discriminati

La Costituzione rappresentò il punto massimo di mediazione possibile fra i partiti che la realizzarono. Da una parte l’ala più rivoluzionaria e alternativa delle componenti la Resistenza e il Comitato nazionale di liberazione, quella costituita dai comunisti e dai socialisti e dall’altra quella formata dai cattolici e i liberali.
Attraverso la Costituzione fu trovato un equilibrio di mediazione, che prevedeva l’introduzione di elementi di socialismo uniti a principi più propri di una società liberale. Le forze liberiste furono costrette a questa mediazione, a causa della spinta al cambiamento della Resistenza e dei comunisti, presenti in componente maggioritaria, favorevoli alla prosecuzione della lotta per la costruzione di uno stato socialista libero dalle discriminazioni economiche sociali, vere cause di disuguaglianza e ingiustizia fra i cittadini. Prevalse (anzi fu fatta prevalere) l’idea per cui, pur se la Carta conteneva delle ambiguità e delle contraddittorietà di fondo, sarebbe stato possibile nel tempo e in maniera democratica e parlamentare operare delle profonde riforme che superassero e cancellassero gli ostacoli alla realizzazione della libertà e dell’uguaglianza fra cittadini.
Nella Costituzione è affermato che la Repubblica è fondata sul lavoro e sono stabiliti i principi inviolabili di uguaglianza fra i cittadini. Si prevede l’impegno (?) a rimuovere gli ostacoli economici e sociali che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Viene riconosciuto inoltre per ciascuno il diritto al lavoro, senza tuttavia garantirlo. Al contrario (quasi in contrapposizione) vengono tutelati altri “diritti e libertà”: quelli alla “libera” iniziativa economica e il diritto alla proprietà privata. Questi ultimi, a differenza dei primi, non sono solo riconosciuti ma sono garantiti dalla legge e dall’ordine costituito. Nella Carta il diritto al profitto e all’accumulazione prevale sul diritto al lavoro, strumento e mezzo indispensabile di libertà individuale.
La Costituzione rappresenta sicuramente il punto più alto finora raggiunto dalla legislazione italiana: non certo il massimo, perché stabilisce diritti differenti fra i cittadini, perché differenti sono le loro condizioni economiche. Vertice messo oggi in discussione, nel momento in cui sull’iniziativa per modificare il patto in direzione dei diritti dei discriminati, prevale quella tesa a spostare l’asse in direzione ancora più liberista e capitalista.
Ciò è avvenuto con le politiche e le leggi decise da governi di ogni “colore” succedutisi nel tempo, che avevano e hanno la medesima spinta liberista. Basti ricordare le varie “riforme elettorali” che sancivano il maggioritario quale sistema elettorale “democratico”; l’abolizione del collocamento che ripristinava il diritto del padrone di scegliersi lo schiavo salariato da assumere; il collegamento e la dipendenza, sia dei salari che delle condizioni di vita, dei lavoratori alle “compatibilità e competitività capitaliste”, non ai diritti di libertà e civiltà dei cittadini, come avvenuto con la cancellazione della scala mobile o la precarizzazione del lavoro o con la controriforma pensionistica e previdenziale; l’attacco alla sanità e alla scuola pubblica, legate anch’esse in modo crescente a principi liberisti di competitività e compatibilità.
Questa tendenza si è concretizzata grazie “all’impegno” di governi di centrodestra e di centro”sinistra”, uniti concretamente nella spinta neoliberista al di là di ogni dichiarazione di principio e d'opposizione. Tutto questo ha determinato la diminuzione delle libertà dei discriminati, riconducendoli ai livelli dimenticati e superati degli anni Cinquanta e ha contemporaneamente ampliato le libertà dei ricchi e dei capitalisti. Mutazioni in peggio avvenute all’interno dei limiti costituzionali. E’ prevalsa cioè l’impostazione liberista presente nella Costituzione, a danno di quella sociale. Ciò è stato possibile per l’assenza di forze sociali antagoniste, convertitesi nel frattempo al liberismo, alle compatibilità e competitività capitaliste.
La difesa della Costituzione è usata oggi come collante di forze di vario tipo (perfino ex nostalgici dell'attuale "destra democratica"), che si ergono a sua tutela contro il prepotente di turno, pur avendo determinato le condizioni, prima culturali, poi politiche dello stravolgimento dei principi in senso liberista. Verrebbe da chiedersi e da chiedere a costoro, chi è che mette in discussione, oggi, la nostra legge fondamentale e la democrazia? Da chi proviene l’attacco alla libertà, al lavoro, alla sanità, alla scuola, al sistema previdenziale e ai diritti dei cittadini? L’attuale Premier è forse l’unico a costruirsi un diritto su misura? Non avviene forse tutto ciò quando s’impongono in maniera brutale, com’è stato fatto anche con il sostegno di chi oggi si straccia le vesti sulla Costituzione, le regole del mercato che annullano diritti, cancellano le libertà dei discriminati perché prevalgono e s’impongono la cultura, le libertà e i diritti dei potenti? Non avviene tutto ciò perché al diritto al lavoro, e con esso quello alla emancipazione dei discriminati, viene fatto prevalere quello del capitale e dell’accumulazione? Non avviene tutto ciò quando si consentono le delocalizzazioni e i licenziamenti, o quando si obbligano i lavoratori al ricatto di minori diritti e libertà? Non avviene tutto ciò quando si toglie il diritto alla pensione, per logiche di “risparmio” a senso unico? O quando sono chiusi ospedali o finanziate scuole private e cattoliche a danno di quelle pubbliche? Tutto ciò mentre si permette che crescano le grosse ricchezze, insieme alle nuove povertà.
La Costituzione, quella per la quale hanno combattuto i partigiani e i comunisti, è messa in discussione quando sono cancellati i diritti dei discriminati e tutelati quelli dei privilegiati. Resistere e reagire agli attacchi di chi limita sempre più la nostra libertà, è necessario e indispensabile. Occorre comprendere bene, però, da chi e da quali forze proviene l’attacco, altrimenti si corre il pericolo di aiutare chi afferma di voler cambiare tutto per non cambiare nulla. Se non chi siede a capotavola.

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