domenica 15 maggio 2011

Elettori o schiavi?

Ancora una volta i cittadini sono chiamati a esprimere un voto su una scheda elettorale. Ancora una volta sentiremo parlare di schieramenti contrapposti, exit poll, di valenza politica delle elezioni pur se solo amministrative, e di massima espressione di libertà e di democrazia, quella che consente (ogni tanto) ai cittadini di pesare nella gestione della cosa pubblica dal piccolo comune al governo nazionale.
Tutti invitano i cittadini a partecipare e a esprimere il loro “democratico” voto. Tutti vogliono cambiare. Ognuno è migliore dell’altro. Anzi in questa democrazia, il vincitore di turno si sente legittimato a decidere per tutti mentre l’altro, l’avversario o competitore, rappresenta il male assoluto da eliminare. E’ il “gioco della democrazia”. In nome di essa, chi vince si ritiene legittimato a decidere e legiferare anche su materie sulle quali non ha ricevuto alcun mandato elettorale.
E’ quanto successo ad esempio con i quesiti referendari sul finanziamento pubblico ai partiti, o sull’uso dell’energia nucleare, su cui c’è stato un chiaro pronunciamento contrario dei cittadini e che invece oggi persistono (finanziamenti ai partiti) o si tentano di ripristinare (come per il nucleare).
La partecipazione e il consenso dei cittadini e dei lavoratori non sono stati richiesti quando si è trattato di cancellare lo strumento di difesa di salari e pensioni dall’inflazione, la scala mobile. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: l’iniqua ripartizione del reddito sempre più concentrato nelle mani di pochi paperoni.
Né è servito il consenso popolare per cancellare il sistema previdenziale pubblico e le pensioni di anzianità. Oppure per precarizzare i rapporti di lavoro con le leggi Treu e Biagi riducendo alla fame giovani e lavoratori e privandoli della dignità e della libertà che solo il lavoro può garantire a chi non possiede risorse economiche.
Tantomeno è stato richiesto il consenso popolare per i vari interventi militari (guerre) naturalmente umanitari e per "difendere la pace", cui nel tempo l’Italia ha partecipato e continua a partecipare, in barba a quanto previsto dalla Costituzione.
Lo stesso è avvenuto per le privatizzazioni, anche di settori strategici come la scuola e l’istruzione, l’informazione, l’energia, i trasporti, la previdenza, ecc., ecc., ecc..
Basta che un imprenditore privato lo voglia e può usufruire di finanziamenti pubblici, godere di cunei o di scudi fiscali, chiamare nominativamente e quindi scegliere il disoccupato o lo schiavo da assumere, trasferire la propria attività all’estero delocalizzando e licenziando i dipendenti in Italia, oppure togliendo loro il diritto al salario in caso di malattia, o i riposi o il diritto di scioperare in barba a quanto previsto nella Carta fondamentale del Paese.
Su tutte le fondanti questioni i partiti, tutti i partiti rappresentati nel Parlamento e nei vari livelli istituzionali (salvo qualche rara eccezione, a prescindere dalla loro collocazione di destra, centro o sinistra), hanno condiviso e votato tutto, in una sorta di staffetta governativa che ha garantito continuità e costanza negli indirizzi comuni da perseguire.
Il loro “confronto democratico e politico”, visto che hanno condiviso le medesime scelte fondamentali, si restringe al presunto possesso di doti democraticità o onestà, di cui ognuno rivendica l’esclusiva.
Forse è per questo che gli italiani rinunciano in maniera crescente a usufruire del loro diritto di voto, facendo continuamente calare le percentuali di affluenza ai seggi elettorali. Sanno che non è consentito loro di contribuire alle scelte ma solo di subirle. Possono scegliere l’uomo-candidato, il partito o la coalizione, non le politiche che saranno le stesse, a prescindere di quale coalizione vincerà e chi sarà eletto, che non terrà minimamente conto né della loro opinione e tantomeno del loro interesse.
E’ necessario avere consapevolezza di tutto questo "perché uno schiavo che non ha coscienza di essere schiavo e che non fa nulla per liberarsi, è veramente uno schiavo. Ma uno schiavo che ha coscienza di essere schiavo e che lotta per liberarsi già non è più schiavo, ma uomo libero". Berlusconi o Bersani? No Lenin.

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