E’ quanto ha affermato Bersani, segretario del partito democratico, a commento dei risultati delle elezioni amministrative parziali del 15 e 16 maggio. Quando Bersani dice vinciamo noi, a chi si riferisce? La sua vittoria è in alternativa alla sconfitta di chi? Apparentemente queste domande hanno risposte scontate: ha vinto un partito e una coalizione di centro”sinistra”, quindi hanno prevalso le opzioni politiche di chi si richiama ai valori tradizionali portati avanti da partiti della sinistra, i quali si battono contro la discriminazione sociale e l’ingiustizia, per l’affermazione di principi di uguaglianza, per il lavoro e contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, per un’equa distribuzione della ricchezza, contro la guerra come strumento di l’offesa alla libertà dei popoli e come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali.
Ma è avvenuto proprio questo? Si può dire che il Pd e il centro”sinistra” siano da annoverarsi fra coloro che si battono contro l’intervento militare armato in Libia e in altre parti della terra? Ancora, che abbia vinto chi si batte contro il mercato selvaggio, le delocalizzazioni industriali, fatte per costringere i lavoratori a salari di fame e a privarli di diritti e di libertà, oppure contro la “libertà” padronale di licenziare o cassaintegrare arbitrariamente e senza controllo alcuno? Forse hanno vinto coloro che sono contro il lavoro precario, nuova e “moderna” forma di schiavitù, che consente agli imprenditori di aumentare i propri profitti a scapito dei giovani e dei lavoratori privati della libertà, della dignità e dell’autosufficenza che solo un'occupazione può dare a chi è privo di risorse economiche?
Forse a vincere sono coloro che si battono per i principi costituzionali, di diritto di sciopero o di percepire salario anche in malattia, o del diritto a un lavoro che non riduca l'uomo a una macchina con pause solo a fine di un turno lavorativo di otto ore continuative ("se otto ore vi sembran poche, provate voi a lavorar" si cantava un tempo).
Forse, ancora, hanno vinto i pensionati e i lavoratori che sperano in uno stato sociale impostato su base solidaristica e civile dove i servizi, le pensioni e le prestazioni sanitarie siano fondate anch'esse sulla solidarietà e non su freddi, cinici e interessati calcoli economici, perennemente impostati su una logica di risparmio a senso unico?
Oppure a vincere sono coloro che ritengono che il sapere, l’informazione, la salute i trasporti, l’energia e la natura (acqua, spiagge, ecc.) siano beni di tutti e non strumenti di profitto e quindi non possano essere privatizzati.
Niente di tutto ciò. Il Pd e il centro”sinistra” nostrani, in perfetta sintonia e continuità, attraverso una staffetta contro-riformatrice che dura da venti anni, hanno condiviso col centrodestra e con Berlusconi la responsabilità di tutto ciò. Le politiche economiche impostate sul mercato e sulle compatibilità capitaliste hanno portato alla difesa dei profitti, non del diritto al lavoro subalterno all’interesse padronale. Si può forse sostenere che Bersani e il suo partito abbiano mai levato la loro voce contro le delocalizzazioni selvagge ad esempio? Oppure che abbiano sostenuto i lavoratori della Fiat sottoposti al ricatto occupazionale a Pomigliano e a Mirafiori? Non è stato proprio il vincitore Fassino a sostenere che avrebbe votato a favore dell’accordo, capestro firmato da Fim e Uilm senza la Fiom, se avesse potuto?
A fare il primo provvedimento legislativo che introdusse il lavoro precario, non fu Treu ministro del lavoro del governo di centro”sinistra” Prodi, con i voti di Bersani, D’alema, Veltroni? Le pensioni di anzianità o da lavoro non subirono il primo pesante attacco e la prima controriforma dal governo Dini del centro”sinistra”? Non è stato forse il Pd a sostenere la politica delle privatizzazioni e del mercato, posizioni del resto normali per chi si definisce liberale. Sull’intervento militare, poi, Bersani e soci sono stati capaci addirittura di superare se stessi, spingendo per l’entrata in guerra con ancora maggiore lena di quanto abbiano fatto da destra.
Macché vittoria della sinistra o del centro”sinistra” allora. A vincere è un ceto politico in competizione, con le unghie e con i denti, con un altro ceto affine e similare, per la gestione dello stesso potere politico ed economico secondo le medesime logiche capitaliste e liberiste, che legano le condizioni dei cittadini al profitto e alla speculazione.
La sconfitta subita da Berlusconi è certamente motivo di soddisfazione. L’arroganza e la prepotenza dell’uomo e del suo partito costruito a sua immagine ha caratterizzato l’arrembaggio politico, economico e giudiziario nel Paese in questi anni. Anni in cui le “regole democratiche” sono saltate e il Parlamento mortificato dai decreti legge e dai voti di fiducia a ripetizione. Anni in cui è stato riaffermato, senza trovare alcuna valida resistenza, il feudale principio della supremazia di caste e di classe dei potenti, il cui diritto viene prima di quello di tutti gli altri. Anni in cui sono stati abbattuti diritti e conquiste dei lavoratori con il beneplacito bipartisan.
Il partito che oggi canta vittoria ha condiviso con pari responsabilità del suo oppositore tutto ciò e ha assunto totalmente e fatto proprie le ragioni e le “libertà” liberal-capitaliste e padronali.
Quando Bersani dice "vinciamo noi" non si riferisce ai lavoratori ma al suo ceto politico, nella lotta con l’altro, oggi perdente, ma non antagonista.
Cosa cambia perciò con le elezioni per i lavoratori? La consapevolezza che cresce la protesta e il malcontento verso l’attuale quadro politico ed economico. Protesta che non può trovare risposte da questa rappresentanza politica che non ha nessuna intenzione di costruire una alternativa di sistema a quella che porta avanti l’attuale maggioranza.
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