L'amministratore delegato della Fiat, Marchionne, a margine del Consiglio Italia-Usa, visti i risultati economicamente strabilianti della sua gestione della Chrysler, si è lanciato in una serie d’illuminanti affermazioni: "Non abbiamo alcuna intenzione di spostare il quartier generale da Torino a Detroit"; "Quanto è avvenuto negli Usa deve essere letto in Italia in modo positivo. Se è possibile farlo là è giusto e opportuno farlo anche qui in Italia. Deve cambiare però l'atteggiamento". In ultimo ha affermato: "L’operazione non permette solo alla Fiat di rafforzare la propria posizione in Chrysler, ma accelera anche il nostro progetto d’integrazione mirato a creare un costruttore globale, efficiente e competitivo".
E’ evidente che l’ad della Fiat, fabbrica italiana automobili Torino si ritiene soddisfatto e appagato di quanto avviene negli Usa. Non solo la casa torinese ha restituito, onorabilmente e cavallerescamente, il prestito di Obama per salvare la casa automobilistica americana, ma sta anche lavorando per rilevare la quota canadese della stessa casa automobilistica per la modica cifra di 125 milioni. Questo significa in soldoni che la Fiat, dopo aver usufruito dei soldi degli americani a buon mercato, dietro la promessa di salvare il colosso americano e con esso l’occupazione, potrà per il futuro intascare i guadagni dell’attività della casa automobilistica americana privatamente, mantenendo però invariate le condizioni economiche e normative dei lavoratori, fin troppo fortunati ad avere un lavoro.
Perché la stessa cosa non si può fare in Italia? Perché qualcuno deve cambiare atteggiamento dice Marchionne. Chi deve cambiare atteggiamento? Questo il manager non lo dice, ma è evidente: devono cambiare atteggiamento quei sindacati (Fiom in testa) e quei lavoratori che pretendono cose assurde: di essere trattati come persone e non solo come strumenti di profitto, di percepire salari dignitosi (1.000 o 1.200 euro mensili), orari e pause di lavoro umanamente sopportabili, assistenza in caso di malattia oppure diritto di scioperare. Sono queste le pretese assurde, che bloccano lo sviluppo e l’occupazione. E’ questa l’ingratitudine. La Fiom e i suoi seguaci non vengano poi a lamentarsi pretendendo assurdità incompatibili. Il povero (si fa per dire) e incompreso Marchionne non si capacita che tutto ciò non sia capito: anzi, mentre in America è ringraziato, in Italia, il meschino, viene insultato. Del resto cosa sono i miseri compensi milionari, e stock option multimilionarie, che l'ad percepisce e che ben si guarda dal socializzare con i lavoratori.
A confortare Marchionne ci pensa il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, il quale ha dichiarato testualmente che all'amministratore delegato del gruppo Fiat “si oppongono, in una non originale sintonia, il sindacato conservatore, settori ideologizzati della magistratura e ambienti delle borghesie bancarie. Un’alleanza minoritaria che più volte ha rallentato il progresso”.
Secondo “l’innovatore e progressista nonché socialista”(?) e mistificatore interessato, ministro del lavoro, sarebbe la Fiom, sindacato conservatore (colpevole di aver la superata, improduttiva e non competitiva abitudine di difendere i lavoratori e i deboli) e settori ideologizzati (forse vetero-comunisti o marxisti-leninisti) o addirittura le banche (?) a rallentare il progresso (di chi?).
I lavoratori sono perciò avvertiti: le loro sofferenze sono causate da loro stessi se si oppongono e non dall’ingordigia e dalla prepotenza dei poveri industriali, amministratori delegati e ministri (non senza portafoglio), che invece sono per il progresso e lo sviluppo. Il loro.
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