venerdì 9 settembre 2011

Linguaggi fumosi e negazione delle differenze sociali

Il Presidente della Repubblica, nel mentre in Parlamento si stanno prendendo decisioni che peggioreranno molto la vita dei cittadini italiani, in particolare quelli a reddito fisso (lavoratori e pensionati), interpretando il suo ruolo di garante e custode super partes della Costituzione e dei “valori” nazionali, tenta di rilanciare un discorso “unitario” o meglio interclassista, nel tentativo di convincere il popolo che sì, ci sono cose che non vanno ma che esistono tutte le condizioni per la rinascita del Paese e con essa per il superamento dei problemi esistenti, basta solo che, tutti insieme si lavori per risanare la finanza pubblica e si superi la crisi.
Il Presidente si riferisce subito all'ondata di antipolitica che scuote il Paese. Napolitano, in sintesi, invita a non generalizzare: "Oggi bisogna prestare qualche attenzione all'uso dilagante di certe espressioni come casta politica o si rischia di diventare come la notte in cui tutto è grigio e diventa nero. Non posso che parlare del Parlamento come di un’istituzione fondamentale, insostituibile, irrinunciabile e con una funzione pedagogica".

Si potrebbe dire che il suo sforzo, teso a smorzare la rabbia crescente dei cittadini taglieggiati verso una classe politica intoccabile e privilegiata, è sovrumano, ma è destinato a fallire. Infatti, anche se non esistono, allo stato attuale dei fatti, aggregazioni politiche che denuncino l’esistenza conclamata e dilagante dell’ingiustizia e della discriminazione sociale è vero, però, che la maggior parte dei cittadini, che paga sulla propria pelle le scelte che governo e padronato stanno portando avanti da tempo, che vede diminuire i suoi diritti, peggiorare le proprie condizioni economiche, azzerare i servizi e cancellare il proprio futuro, un giudizio di fondo, che non è qualunquismo, sull’attuale classe dirigente: Governo, Parlamentari e imprenditori, l’ha definitivamente dato con una parola che oggi va molto di moda: Casta (coloro che condividono una medesima condizione sociale ed economica diversa e privilegiata rispetto quella di altri, la maggioranza, che di conseguenza sono discriminati).
La parola “casta” o privilegio sicuramente più “moderna” sostituisce quella che molti, compreso Napolitano usavano fino a pochi anni fa: Classe o discriminazione.
Denunciare l’esistenza di una casta o differenziazione di classe non può essere solo lo scoop di qualche avveduto giornalista che cerca di diffondere la convinzione per cui il privilegio è un’esclusiva dei soli parlamentari. Di questa realtà, si stanno convincendo masse crescenti di discriminati che, davanti al drammatico peggioramento delle loro condizioni di vita, vedono permanere, anzi aumentare il privilegio, la ricchezza di pochi e la disuguaglianza, in barba alla Costituzione.
Napolitano, dimenticandosi delle proprie convinzioni (?) giovanili, di quando da dirigente del Partito Comunista Italiano si schierava dalla parte dei deboli e dei discriminati contro l’ingiustizia e la prepotenza padronale, oggi cerca di far credere che sostenere le stesse analisi e denunciare l’esistenza del privilegio, sia far proprie tesi antipolitiche o qualunquiste, simili a quelle che determinarono l’avvento del fascismo in Italia e per questo siano un attacco alla politica (?) e, soprattutto alle istituzioni democratiche. Con l’occasione, Napolitano cita Antonio Gramsci e la sua riflessione sulla responsabilità della sinistra nella genesi del fascismo, facendo un improbabile parallelo con la situazione attuale e tentando di accreditare la tesi per cui, fra le tante responsabilità dei comunisti "fummo anche noi senza volerlo parte della dissoluzione generale della società italiana", dove "quel noi si riferiva alla parte che Gramsci rappresentava", ci sia anche quella di aver facilitato l'avvento del fascismo.
Napolitano fa, oggi, tali considerazioni, si appella al suo passato per disconoscerne, ancora una volta, le ragioni e taccia per antipolitica e attacco alle istituzioni il comportamento di chi, anche davanti alla realtà, oggi si ostina a parlare di casta e di privilegio.
Se esiste la casta e il privilegio, allora esiste l’ingiustizia e la discriminazione. Del resto come non definire privilegio quello di cui godono i parlamentari che tagliano pensioni e stipendi e, mentre aumentano le tasse per i cittadini e chiudono ospedali, mantengono intatte, al di la del fumo, le proprie condizioni e il proprio privilegio?
Come non definire casta quella della Confindustria e del padronato che incamera profitti enormi, di cui non è nemmeno possibile stabilire l’entità, che evade le tasse rifugiandosi nei paradisi fiscali, che de localizza le proprie aziende per risparmiare sulla manodopera (alla faccia dello spirito patriottico), che precarizza, che toglie il diritto di sciopero di malattia e che pretende di licenziare senza giusta causa ripristinando rapporti economici e sociali superati dal tempo e dalle lotte dei lavoratori?

"Per restare in Europa è necessario un esame di coscienza collettivo che deve riguardare anche i comportamenti individuali di molti italiani di ogni parte politica e sociale. Molti italiani devono comprendere che non siamo più negli anni ottanta e tanto meno negli anni settanta. Il mondo è radicalmente cambiato e anche noi dobbiamo cambiare i nostri comportamenti e le nostre aspettative in senso europeo per mantenere una nostra prospettiva in Europa". E’ quanto sostiene il Presidente della Repubblica. Occorrerebbe che spiegasse cosa significa però oggi restare in Europa, a quale prezzo e perché mai i lavoratori, i pensionati e i precari dovrebbero desiderare di stare in Europa?
Ancora cosa significa esame di coscienza collettivo anche dei comportamenti individuali, a chi ci si riferisce? Quali sono i soggetti sociali che devono cambiare i propri comportamenti e le proprie aspettative e soprattutto in che modo, per mantenere una nostra prospettiva in Europa?
Sarebbe necessario forse un linguaggio più chiaro e diretto in una situazione come l’attuale. Sarebbe soprattutto necessario che il crescente malcontento dei lavoratori contro l’attuale evoluzione politico-economica trovasse adeguate voci e rappresentanza nel Paese e in tutti quei luoghi dove si decide sulla loro pelle.

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