mercoledì 9 febbraio 2011

Intesa bipartisan: libera l'impresa, schiavo il lavoro

In una lettera inviata al Giornale in risposta all'editoriale di Giuliano Ferrara (stratega del berlusconismo), la presidente di Confindustria, Marcegaglia ha testualmente affermato: "Il nostro auspicio è che vengano varate misure chiare e vere. La riforma dell'articolo 41 della Costituzione è un manifesto utile ma - puntualizza Marcegaglia - per tornare a una crescita superiore al 2 per cento serve di più: l'immediato sblocco dei fondi già stanziati per gli investimenti in infrastrutture e per la ricerca; serve una vera riforma fiscale che abbatta le tasse a lavoratori e imprese; serve infine un forte piano di liberalizzazioni".
La rappresentante del padronato italiano rivendica, in nome del nuovo totem del liberismo, la cancellazione dei vincoli imposti dall’articolo 41 della Costituzione circa l’iniziativa economica privata, che oltre ad essere libera si deve poter svolgere evidentemente, secondo coloro i quali sponsorizzano tale “innovativa riforma”, anche in contrasto con l'utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Nonché usando demagogicamente il malcontento dei lavoratori a reddito fisso verso il pesantissimo carico fiscale che li opprime, rivendica nella naturale coincidenza d’interessi fra nuovi schiavi e padroni, lo sgravio fiscale per le imprese. "Quel che le imprese chiedono al governo - aggiunge Marcegaglia - è dimostrare con i fatti di essere in grado di darla davvero, la più grande frustata all'economia italiana che ci viene oggi annunciata. Quell'uno per cento risicato di crescita dimostra purtroppo che di frustate sin qui ne abbiamo più prese che date. Confindustria - afferma - è da fine 2009 che chiede instancabilmente che questa e solo questa sia la priorità politica per il governo come per opposizione: il sostegno alla crescita, troppo bassa da 15 anni prima della crisi e troppo bassa ora che ne stiamo faticosamente uscendo". Naturalmente a prendere la frustata non sono stati per la Marcegaglia solo i lavoratori, i pensionati, i disoccupati e i precari ma anche i “poveri” padroni e tutti insieme, sempre secondo lei, si sta faticosamente uscendo dalla crisi. Infine torna sulla polemica dei costi della Festa del 17 marzo che, dice "così come congegnata costa 4 miliardi di aggravi aggiuntivi per le imprese, sono un onere pesante e se togliamo le somme giustamente e meritoriamente stanziate dal governo per l'estensione degli ammortizzatori sociali nella crisi 4 miliardi sono più di quanto negli ultimi due anni è stato destinato alle aziende per ricerca e investimenti".
E’ il colmo, dopo aver tolto tutto ai lavoratori: scala mobile, salario, diritti e libertà, pensioni, stato sociale, speranza nel presente e nel futuro, la nostra illuminata liberista si lamenta che al padronato industriale, il miliardario e campione del liberismo premier italiano, ha destinato meno risorse di quelle usate per gli ammortizzatori sociali. Forse occorrerà fare una sottoscrizione per il povero padronato nostrano che continua a battere cassa nonostante abbia continuato ad arricchirsi anche mentre i lavoratori venivano rapinati dei diritti, della libertà e del salario.
Il padronato italiano quando parla di liberismo non intende la libertà dell’individuo, ma del capitale e dell’impresa che devono essere in grado di muoversi senza lacci e costrizioni. Poco importa se la loro libertà comporta la riduzione in schiavitù per i lavoratori, costretti a rinunciare ai propri diritti, che vengono sempre dopo il profitto e il mercato.
In Parlamento l’opposizione (a chi e a che cosa?), per bocca del segretario del Partito democratico, risponde: "L'Italia ha bisogno di una nuova stagione di liberalizzazioni, intesa in senso ampio e molteplice. Ciò vuol dire: aprire alla concorrenza mercati chiusi o in regime di monopolio, dare più potere e libertà ai consumatori, rivedere la regolamentazione di alcuni settori di grande impatto sociale in cui la liberalizzazione ha funzionato poco e male".
"L’opposizione", cioè, sfida il governo alla competizione a chi è più liberista. Ma Bersani non era comunista? C’è di che stare allegri! Sicuramente da questa competizione i lavoratori avranno altri benefici oltre a quelli finora ottenuti. Una morte rapida?

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