martedì 18 ottobre 2011

La lezione del 15 ottobre

Quando si indice una manifestazione di protesta, lo si fa per evidenziare le cause di un malessere sociale e per attirare l’attenzione dei cittadini su qualcosa che altrimenti rimarrebbe sconosciuta.
Se questo è allora, occorre constatare che il messaggio che, anche grazie alle forzature dei mass media, è emerso dalla giornata degli indignati del 15 ottobre, ha annullato completamente quelle che erano e sono le ragioni dell’iniziativa, non allargando il consenso attorno a queste anzi fornendo alibi e scappatoie proprio a chi era l’oggetto della protesta.
E’ scomparso tutto dall’orizzonte: I tagli allo stato sociale, la disoccupazione galoppante, il precariato, la disperazione e la rabbia di tutti quelli che sono derubati del presente e del futuro, l’impoverimento della maggioranza dei cittadini e l’arricchimento senza freni di una minoranza, la speculazione finanziaria e la conseguente crescita forte dell’ingiustizia e della discriminazione sociale di pochi a danno di tanti.
A causa delle violenze di alcuni, non è stato possibile denunciare la continua violenza che subisce chi è impossibilitato a tirare avanti o lo fa a gran fatica, sacrifici e rinunce.
Queste questioni sono state completamente oscurate, grazie all’azione di pochi che con la loro violenza hanno stravolto l’iniziativa e impedito che, com’è avvenuto nel resto del mondo, la denuncia si alzasse forte e sonora dalle centinaia di migliaia di persone accorse a manifestare per segnare l’inizio di una stagione di lotta e di riscossa.
Il messaggio che è emerso invece è stato quello del disordine, del saccheggio e degli atti di vandalismo intollerabili verso i cittadini e delle violenze gratuite e ingiustificabili verso gli uomini delle forze dell’ordine che sono figli di lavoratori e lavoratori oppressi allo stesso modo di chi manifestava e che sono assurdamente diventati il nemico e il bersaglio delle violenze.
Questi “manifestanti” con il loro comportamento hanno fornito un aiuto inaspettato al Governo, al padronato e agli speculatori che oggi alla luce di quanto accaduto, hanno facile gioco a invocare l’ordine, il loro, e leggi liberticide. Il loro successo è tale che sono state vietate manifestazioni a Roma per i prossimi trenta giorni, a partire da quella della Fiom sulle questioni della Fincantieri.
Le violenze di sabato hanno fatto passare in secondo piano oltretutto le affermazioni eversive di personaggi istituzionali che continuano a prosperare sopra ogni legge e regola. Per costoro non c’è nessuna richiesta d’inasprimento di pene, non ci sono indagini ma impunità.
Il 15 ottobre nonostante tutto può essere una tappa importante se ne cogliamo il segnale. Quello che evidenzia la necessità di trovare un’interpretazione e una lettura originale e complessiva delle problematiche economiche e sociali che determinano l’attuale stato di cose. Assumendo la consapevolezza che ciò che viviamo non è determinato dal caso o dal destino cinico e baro e che l’arretramento economico e sociale subito dai discriminati è coinciso con l’arrembaggio economico e sociale dei privilegiati di cui è conseguenza.
Individuare cioè strumenti di analisi che permettano di risalire alle ragioni vere alla base della crescente disparità e ingiustizia sociale e ai soggetti veri che le determinano.
Due sono gli aspetti che indicano questa necessità.
Da una parte il bisogno di contrastare le ragioni ipocrite di chi accusa il movimento di essere antipolitico, come se la politica fosse un’entità astratta e soprannaturale, come se quella attuale fosse l’unica politica possibile. Costoro difendono una democrazia politica di parte che permette a gruppi di potere di usare gli strumenti democratici a loro esclusivo vantaggio, piegando le leggi a proprio piacimento, tagliando demagogicamente, in nome dell’interesse nazionale, le pensioni, precarizzando e affamando i cittadini. Sono proprio costoro che continuano a dichiararsi di sinistra usurpando fraudolentemente uno spazio politico che non appartiene loro perché ormai sono aperti sostenitori del liberismo, del mercato e delle privatizzazioni, al pari di chi governa, al quale non si oppone se non per competere per il posto di capotavola (altro che altra sinistra …).
L’altro aspetto riguarda la marginalizzazione e la rinuncia attuale del movimento a dare un’interpretazione e una lettura complessiva, organica e conseguente sulle cause e le responsabilità che determinano l’ingiustizia e la discriminazione sociale attuale.
Se da una parte è stato giusto relegare i partiti che avevano aderito alla giornata di lotta alla coda del corteo, per segnalare i difetti e gli errori del partitismo e del politicismo interclassista privo di scelte strategiche alternative, dall’altra parte, ciò ha segnalato anche sul piano organizzativo la rinuncia alla ricerca analitica delle cause dell’attuale malessere sociale e degli strumenti che solo un’utopia può fornire perché altrimenti non è possibile individuarne i responsabili, relegando le iniziative ad una pura ed esclusiva denuncia e protesta indefinita. Occorre invece avere acquisire la consapevolezza che alla radice di tutto sono la competizione sociale delle classi ed i meccanismi ad esse collegati.
In questo modo emergerà con chiarezza la collocazione che dovranno assumere le organizzazioni dei lavoratori e dei discriminati: Alla testa non alla coda del movimento e delle sue manifestazioni.
Occorre avere la consapevolezza che l’ingiustizia sociale di cui è vittima la maggior parte dei cittadini non è casuale, che i ripetuti tagli allo stato sociale non servono al Paese ma ad arricchire chi ricco già lo è: Capitalisti, padroni e speculatori. Questi ultimi all’unisono privano i lavoratori, i giovani e i pensionati dei loro diritti sociali e contrattuali e della loro libertà traducendoli in nuovi diritti e libertà per loro.
Per questo occorre dire basta a una finta sinistra che ha fatto proprie le tesi e gli interessi del padronato, del liberismo e del mercato e ha tradito gli interessi dei lavoratori costringendoli a subire e a pagare i costi di una crisi di cui non sono responsabili per “salvare” il Paese mentre i padroni de localizzano e licenziano.
Ricostruire e rilanciare perciò sulle analisi nuove energie politiche e sindacali che lottino coerentemente e conseguentemente per i diritti e gli interessi degli oppressi e dei discriminati ponendosi alla testa e non alla coda del movimento e della lotta.

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