Di quale Italia stanno parlando? Dell’Italia dei disoccupati? Di quella dei precari? Di quella dei lavoratori che percepiscono salari di fame e cui sono tolti tutti i diritti? Oppure di quella dei pensionati cui è promessa una misera pensione solo a 67 – 70 anni? Oppure di quella di tutti i redditi fissi che a fronte di un carico fiscale insostenibile e crescente, corrisponderà l’assenza pressoché totale di servizi da parte dello Stato e degli enti locali?
L’allungamento dell’età per l’accesso alle pensioni di anzianità e di vecchiaia, l’addizionale dell’irpef per le regioni, la reintroduzione dell’ici e il previsto aumento dell’iva del 2%, produrranno un altro colpo per le condizioni di vita dei disoccupati e dei redditi fissi e sposteranno ulteriormente la ricchezza a favore di chi ricco già lo è.
Siamo costretti a pagare attraverso quelle che fraudolentemente chiamano “riforme” e che invece sono tagli a senso unico e interessi degli speculatori che incamerano con i bot interessi spropositati, facendo tracollare il debito pubblico. Per costoro ci sono lauti guadagni mentre per tutti gli altri cittadini fame e miseria.
L’iniquità dell’ennesima manovra che colpisce a senso unico è resa ancora più evidente dall’assenza, in essa, di qualsiasi accenno di tassazione sui grandi patrimoni; dal mancato incremento dell’irpef sui redditi elevati, dal mantenimento di trattamenti pensionistici di decine o addirittura centinaia di migliaia di euro il mese nello stesso tempo è tolta l’indicizzazione delle pensioni superiori a … 936 euro mensili, ecc.
Non è l’Italia dei lavoratori e dei pensionati quella che vogliono salvare, ma l’Italia dei privilegiati, dei ricchi e dei padroni. Che tipo di salvezza si prospetta per chi vive di misere pensioni, di un lavoro incerto e precario o è disoccupato. Che cosa hanno a che spartire essi con i destini di chi, oggi, impone lacrime e sangue.
Sarà poi questa l’ultima manovra taglieggiatrice?
Il Governo “tecnico”, paravento di centrodestra e centro”sinistra” è stato appositamente nominato per prendere quelle che sono state definite misure impopolari per consentire a questi partiti di non sporcarsi. Non ha deluso il “tecnico Monti” le attese del padronato e della Confindustria e di tutti i partiti di centrodestra e centro”sinistra” che, schierati tutti su posizioni liberiste e di mercato, sono tutti indaffarati (partito democratico compreso) a spiegarne l’ineluttabilità e l’impossibilità di misure di segno radicalmente diverso.
Il sostegno di questi partiti, alle misure varate dal Governo, avvenuto sostanzialmente con distinguo e riserve per non precludersi possibili vili vie di fuga per poterne prendere le distanze in caso di malaparata, sarà direttamente proporzionale alla risposta che verrà dai lavoratori e da tutti quelli che sono colpiti dalla manovra.
Se ci sarà una forte risposta di massa e di protesta, non esiteranno a far cadere il Governo “tecnico” per scaricare poi su di esso i possibili malumori delle piazze. Se questo non sarà, tanto meglio, allora daranno il loro esplicito voto e faranno diventare legge la manovra.
Davanti a questo quadro in Parlamento se si esclude una minima minoranza rappresentata dal partito di Di Pietro e dalla Lega (delle cui “innovative” posizioni è evidente la strumentalità), non trova voce e rappresentanza chi è colpito e chi si oppone a questa politica persecutoria e di classe del padronato e dei partiti che esplicitamente sosterranno con il voto le misure antipopolari.
Sarà finalmente chiaro e in maniera definitiva, da che parte sta il Partito Democratico e quali interessi difende e rappresenta e quanto la politica del Pd coincida con gli interessi delle banche e dei padroni. Cadranno tutte le maschere.
Il sindacato finora balbetta. Davanti a quest’ennesimo frontale attacco alle condizioni di vita dei discriminati non hanno ancora preso una posizione chiara e alternativa. Non è stata ancora decisa alcuna forma di protesta se si esclude lo sciopero di protesta … di ben due ore previsto per il 12 dicembre p.v. di Cisl e Uil da una parte e quello di quattro ore della Cgil dall’altra, iniziative veramente inadeguate alla circostanza che annullano, per il momento, l’ipotesi di una risposta adeguata e più forte. Cosa ci si può aspettare, d’altra parte, da chi ha sostenuto da sempre le politiche di compatibilità e di concertazione, da chi ha permesso al padronato in questi anni di demolire ogni tutela dei salari, di azzerare il collocamento, di licenziare anche senza giusta causa, di cancellare i diritti e lo Statuto dei lavoratori, o i contratti nazionali di lavoro, ecc.
Davanti alla manovra occorre una risposta di lotta forte e adeguata da parte di chi è colpito da questa politica di classe che la sottintende.
Occorre prendere tutte le iniziative di lotta possibili, compreso un referendum per l’abolizione degli strumenti legislativi che saranno presi per legittimare l’operazione.
Occorre schierarsi, protestare, ribellarsi a chi ci toglie il futuro per arricchirsi ancora di più. Occorre far sentire in ogni modo possibile la nostra voce, rabbia e determinazione e contrastare fino in fondo le misure, nei posti di lavoro, nelle piazze, nelle sedi di tutti i partiti e sindacati e in tutti gli spazi possibili, attraverso il web, la stampa ecc. Tutto è nelle nostre mani. Compresa la nostra sconfitta.
Occorre perciò avere consapevolezza dell’impronta sociale di classe di quanto avviene. Occorre prendere coscienza che la risposta deve essere di classe, della classe degli oppressi organizzandoci per ricostituire il sindacato di classe dei lavoratori e degli oppressi che condividono la stessa sorte e le stesse condizioni di vita, per imporre la cancellazione di quanto deciso, produrre un’inversione di rotta e mettere al centro le condizioni di vita dei lavoratori e dei pensionati e non gli affari, i profitti e gli interessi di speculatori e padroni.
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