Il Corriere della sera di ieri 12 marzo riporta testualmente: ”Modello tedesco per i licenziamenti e un percorso negoziale che consenta alla Cgil di stare al tavolo fino all'ultimo momento”.
“L'articolo 18, così com'è, resterebbe solo per i licenziamenti discriminatori. Per i licenziamenti economici, secondo la proposta del leader della Cisl, Raffaele Bonanni, è previsto un controllo da parte del giudice limitato alla verifica che non si tratti di un licenziamento discriminatorio. Ma il giudice non potrà sindacare sull'effettività del motivo economico-organizzativo. Il licenziamento seguirà una procedura sindacale e non ci sarà un diritto al reintegro ma solo a un congruo indennizzo”.
“Su tutta questa partita sembra difficile ottenere il consenso della Cgil, che però potrebbe restare al tavolo fino alla fine per negoziare tutta una serie di istituti che le consentano, pur non firmando l'accordo, di non strappare e riconoscere parzialmente la bontà dell'intesa. Una modalità che toglierebbe il Pd dall'imbarazzo di dover votare una riforma su cui la Cgil chiamasse invece lo sciopero generale che il leader della Cgil, Susanna Camusso”.
“Il terzo tipo di licenziamento è quello chiesto dalle imprese e riguarda i motivi disciplinari: in questo caso oggi il lavoratore, se il giudice ritiene che non esista il giustificato motivo, ottiene reintegro e indennizzo. Con la riforma invece avrebbe diritto, a discrezione del giudice, al reintegro o all'indennizzo fino a 18 mensilità, secondo il modello tedesco. Ma le nuove norme varrebbero solo per i nuovi assunti? Si sta affacciando l'idea che possano valere senz'altro per i nuovi assunti e tra un paio d'anni, a crisi superata, anche per i vecchi. Un modo per evitare il doppio regime. Su tutta questa partita sembra difficile ottenere il consenso della Cgil, che però potrebbe restare al tavolo fino alla fine per negoziare tutta una serie di istituti che le consentano, pur non firmando l'accordo, di non strappare e riconoscere parzialmente la bontà dell'intesa. Una modalità che toglierebbe il Pd dall'imbarazzo di dover votare una riforma su cui la Cgil chiamasse invece lo sciopero generale che il leader della Cgil, Susanna Camusso, in un'intervista al Corriere, ha comunque escluso”.
Che la posizione e il ruolo svolto dalla Cgil e dal Partito Democratico fossero solo apparentemente a favore dei lavoratori ma sostanzialmente contro le loro ragioni, si era capito benissimo.
La Cgil, sull’onda del liberismo, del mercato e delle compatibilità capitaliste trionfanti, ha reso possibile, con la sola resistenza di facciata di uno “sciopero generale” farsa di tre ore, insieme alle consocie cisl e uil, la controriforma sulla previdenza. Con questa controriforma l'Italia avrà la più alta età di pensionamento tra i Paesi membri, uguale per uomini e donne dal 2020, come certificato dal Libro bianco sulle pensioni diffuso dal commissario per l'Occupazione e gli affari sociali.
La Cgil ha consentito, con la sua condotta, una manovra economica che, salvaguarda i patrimoni si scarica taglieggiandoli solo sui redditi fissi dei lavoratori e dei pensionati, ha consentito che non fossero prese misure alcune per contrastare la disoccupazione e le delocalizzazioni.
Ora si appresta a far passare l’attacco finale all’ultimo dei diritti dei lavoratori con la cancellazione dell’articolo 18. Tutto questo dopo aver fornito le più ampie garanzie che la Cgil, protesterà pubblicamente un po', ma non prenderà alcuna iniziativa "vera" contro “l’accordo sul mercato del lavoro” che non firmerà.
D’altra parte la segretaria Camusso ha fatto bene intendere da che parte sta, apertamente con la TAV, contro di cui la Fiom, oltre a un movimento che si va allargando a tutta Italia si è schierata.
Il Pd, da canto suo, collaborerà in quest’opera di tradimento e di doppiogiochismo, sostenendo anche col voto, insieme ai soci del centrodestra e terzo polo, come ha fatto sempre per tutte le misure “tecniche” e antipopolari che il Governo Monti ha preso per la “salvezza dell’Italia” (dei padroni).
L’analisi del Corriere della sera sul comportamento di Cgil e Pd, visti i precedenti pertanto, non è solo credibile, ma è la logica conseguenza dei comportamenti che questi hanno tenuto da una ventina d’anni a questa parte.
Cancellato quest’ultimo baluardo di difesa della dignità di chi lavora, il padrone avrà campo libero e potere indisturbato per licenziare, discriminare, perseguitare tutti quei lavoratori o lavoratrici che a suo insindacabile giudizio ostacolano i suoi piani di profitto per malattia, gravidanza, sciopero o lotta sindacale, adesione a un sindacato alternativo, ecc..
Che il padronato punti a privare i lavoratori dei loro diritti e della loro libertà, si è toccato con mano dopo che la Fiat, che ha assunto il ruolo di punta del padronato italiano, non ha rispettato la sentenza del tribunale di Potenza che prevedeva il reintegro al lavoro di tre lavoratori licenziati per sciopero, obbligandoli all’umiliante posizione di percepire il salario stando in casa e senza lavorare. Il padrone, ha riacquistato arroganza e prepotenza e sulla forza dei suoi soldi si può permettere anche di umiliare impunemente chi gli resiste, altro che articolo 18.
Occorre acquisire la consapevolezza che chi agevola i disegni padronali non è dalla parte dei discriminati.
Per questo occorre denunciare senza tentennamenti o posizioni possibiliste il tradimento, ricostruire e rafforzare una visione alternativa e di classe, ricostruire e rafforzare tutte quelle realtà politiche e sindacali che sono realmente a fianco degli oppressi e dei discriminati se vogliamo veramente contrastare i disegni padronali e gettare le basi per una nuova stagione di lotte e di conquiste.
martedì 13 marzo 2012
Dopo quella sulle pensioni la Cgil si appresta a una nuova sceneggiata sul “mercato del lavoro”
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