sabato 15 gennaio 2011

46 per cento: ottima base per ripartire

Le urne sono chiuse, l’esito del referendum è noto. Hanno vinto i si “all’accordo” di Mirafiori. La percentuale dei consensi si è attestata al 54 per cento, mentre hanno votato no il 46 per cento dei lavoratori.
L’esito del referendum rappresenta la vittoria della prepotenza e dell’arroganza padronale della Fiat, di Marchionne, del Governo, di Berlusconi, con il suo potere, i suoi giornali e le sue televisioni; ma anche dell’ambiguità e del tradimento politico dei vari Veltroni, Chiamparino, Fassino, Renzi, del Partito democratico e di Bersani, il quale non trova altro di meglio da dire che: ”Il risultato va rispettato e va rispettato anche il disagio dei lavoratori” (?). In pratica tutto il resto del Parlamento, con l’esclusione del partito di Di Pietro, ha brindato al risultato ottenuto, mentre ancora una volta si è palesata la subalternità e il tradimento sindacale di Cisl, Uil, Ugl, Fismic, con la Cgil che si è guardata bene dal proclamare lo sciopero generale.
Tutti questi soggetti politici e sindacali nella sostanza si sono schierati in massa a sostegno del si all’accordo separato, dispiegando tutte le risorse di cui dispongono, contro le sole forze della Fiom, dei Cobas e dell’Usb, cui però vanno aggiunti tutti quei lavoratori che non si sono piegati al ricatto, che hanno saputo resistere ai richiami al “senso di responsabilità” delle sirene padronali e dei suoi servi e, soprattutto, che hanno saputo tenere dritta la schiena anche nella difficile situazione determinata dalla necessità di lavoro e salario. Questi sindacati e questi lavoratori hanno detto no al ricatto del padrone, delle sigle asservite e dei loro lacchè, per il quale avrebbero dovuto accettare e subire la logica di classe: meno diritti e libertà in cambio di lavoro.
Lo scenario verificatosi con il referendum di Mirafiori rappresenta la replica di situazioni che purtroppo vanno ripetendosi da troppo tempo. E’ dal 1977, con la svolta concertativa operata dalla Cgil di Luciano Lama all’Eur, che i lavoratori sono privi della loro forza e soprattutto della loro soggettività sindacale e politica in Italia. I risultati di tutto questo si sono visti subito dopo con la lotta e l’occupazione della Fiat del 1980, lotta che fu sostenuta da una sola parte della Cgil e del Partito comunista, Enrico Berlinguer in testa. La stessa scena si è poi ripetuta con il referendum sui quattro punti di contingenza (27.200 lire mensili) derubati ai lavoratori dal Governo Craxi con il decreto di S. Valentino e regalati al padronato. Il successivo referendum abrogativo, promosso da Berlinguer (anche in questo caso senza il sostegno completo del partito e dei suoi organismi di massa, che appoggiarono invece il decreto), e l’ala più combattiva della Cgil, fu sabotato e boicottato dal resto del sindacato (Lama con i miglioristi e componente socialista), che impedì la scesa in campo dell’organizzazione, determinando anche in quel caso la sconfitta operaia. Dopo queste due sconfitte si consolidò la linea concertativa e subalterna della Cgil; contemporaneamente spari dallo scenario politico il Pci e nacque il Pds di Occhetto.
E’ quindi da troppo tempo che i lavoratori sono privati nelle fabbriche e negli uffici, di un loro sindacato di classe che sia portatore di un progetto alternativo al sistema del capitale, basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. E’ troppo tempo che i lavoratori sono privati di una rappresentanza politica che si ponga alla loro testa nella lotta per la libertà e l’emancipazione dallo sfruttamento capitalista e del mercato.
Il 46 per cento ottenuto dal no dei lavoratori di Mirafiori, senza una forza sindacale confederale schierata al loro fianco, senza alcuna rappresentanza politica in Parlamento, in controtendenza rispetto alla (oggi) predominante ideologia legata al liberismo e alla competitività globale, per l’entità del risultato finale può però trasformare la vittoria del sì in una vittoria di Pirro. Quel 46 per cento dimostra che i lavoratori sanno distinguere fra obiettivi giusti e slogan demagogici di rassegnazione e subalternità alle logiche padronali, fra coloro che sostengono le loro ragioni e chi si schiera con l’avversario di classe. Con quel 46 per cento essi chiedono che venga data una rappresentanza adeguata ai loro bisogni e alle loro battaglie, sia sul piano sindacale, partendo dalla Fiom, dai Cobas e dall’Usb, che su quello politico, favorendo le forze politiche della sinistra alternativa e di classe.

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