giovedì 20 gennaio 2011

Partito democratico e Berlusconi: due morali, stessa politica

Sono ormai diciassette anni che si registra uno scontro feroce fra gli esponenti del Pd (prima Pds e Ds e altro ancora) e Berlusconi. I primi da sempre impegnati a denunciare senza successo le nefandezze del secondo, sia per quanto riguarda la sfera dei comportamenti privati, completamente diversi da quelli da lui stesso sbandierati (basati su famiglia e religione), che sulla spensieratezza, duttilità e leggerezza con la quale lo stesso fa diventare legittimi comportamenti di management aziendali illegittimi, che di colpo a suo piacimento e necessità, tramite leggi su misura, cessano di essere tali (e quindi non sono più perseguibili).
Questa politica dei “democratici” (non più di sinistra), li porta a indicare la persona di Berlusconi come l’essenza stessa del male assoluto. Egli sarebbe l’inizio e la fine di tutte le nefandezze, che cesserebbero di manifestarsi al momento della dipartita del demone. Da tutti questi anni stiamo discutendo di questo. Da tutti questi anni le povere e misere manovre del Partito democratico di sinistra prima, dei Democratici di sinistra poi e del Pd oggi falliscono e l’imperatore continua indisturbato nella sua opera. Tutto ciò avviene non solo per le capacità diaboliche del famigerato premier, ma soprattutto perché il Pd e i suoi dirigenti non sono visti dai cittadini e dai lavoratori come alternativa credibile e auspicabile all’attuale quadro politico e al suo massimo rappresentante.
Se, infatti, tentiamo di analizzare le differenze politiche di fondo fra i due schieramenti, scremate sia dalla bassa, arrogante e rivoltante prepotenza dei comportamenti “privati”, che dalle spregiudicate operazioni per prevalere sui concorrenti economici e politici, del potente signore, ci possiamo accorgere che differenze politiche sostanziali fra i due schieramenti politici contendenti non esistono. Sia il centrodestra che il centro”sinistra” sono per il sistema elettorale maggioritario; entrambi gli schieramenti hanno operato, quando hanno governato, per abbattere lo stato sociale (a partire dalle pensioni di anzianità o da lavoro); entrambi hanno legiferato per precarizzare il lavoro dei giovani (leggi Treu del centro”sinistra” e legge Biagi del centrodestra); entrambi gli “schieramenti” hanno sostenuto gli interventi “umanitari” ma militari e armati in Kosovo, in Iraq, in Libano e in Afganistan; entrambi hanno contribuito ad aumentare a dismisura il debito pubblico e il carico fiscale per i redditi fissi; entrambi hanno determinato, con le loro scelte governative l’enorme spostamento di ricchezza dai tanti lavoratori e pensionati ai pochi ricchi privilegiati; entrambi hanno permesso (favorito?) alle aziende di delocalizzare, precarizzare, mettere in cassa integrazione o mobilità e licenziare milioni di lavoratori e giovani; entrambi sono per il libero mercato, il liberismo e la competitività; entrambi hanno sostenuto il sì al referendum di Mirafiori e con esso la sconfitta dei lavoratori, dei loro diritti, dei loro interessi e della loro libertà.
Condividendo la stessa impostazione liberista, lo scontro fra i due “poli” non può esserci sulle questioni politiche ed economiche che entrambi condividono e perseguono, con qualche parziale sfumatura di differenza. Il “confronto” avviene allora sull’onestà e sulle doti “morali” delle quali entrambi rivendicano l’esclusiva a danno del concorrente. L’imperatore, i suoi servi e cortigiani sono tutti impegnati, anche con toni e argomenti da guerra civile a difendere il loro potere. I loro concorrenti cercano, allo stesso modo, di affossarlo per mettersi al posto dei primi per fare le stesse politiche, forse con una più presentabile forma, ma nella stessa sostanza economica e politica. Perché mai il Pd, oggi, e i suoi dirigenti dovrebbero lasciarsi scappare l’occasione buona che si è presentata e che il loro stesso concorrente ha offerto loro, per affossarlo, sul solo piano dei comportamenti personali visto l’inesistenza di differenze sul piano politico ed economico con l’avversario?
L’attuale situazione richiama alla mente le vicende legate all’arresto di Al Capone in America. La polizia nell’incapacità di punire il bandito per i suoi crimini, non trovò nulla di meglio per toglierlo dalla scena che condannarlo per evasione fiscale. L’opposizione parlamentare incapace e impossibilitata a confrontarsi (perché portatrice della stessa politica) sul piano delle scelte economiche e sociali continua a combattere l’avversario esclusivamente per le vicende legate alla sua vita privata (legittime o meno che siano).
La responsabilità politica e storica “dell’opposizione parlamentare” è quella di aver abbandonato e tradito la rappresentanza e la difesa dei ceti popolari e dei lavoratori e di aver legato i diritti e le libertà degli sfruttati e dei discriminati al carro delle logiche padronali e dei privilegiati. Fino a quando non si prenderà coscienza di ciò, continueremo ad assistere a questi assurdi balletti sulla pelle dei lavoratori e di chi lotta realmente per una società più giusta e più libera.

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