Marchionne: “Salta Mirafiori se non passa il referendum”. In queste parole si racchiude l’essenza del messaggio del massimo rappresentante del padronato italiano. Tornare su quanto sta avvenendo in Fiat non è ripetitivo, ma opportuno e indispensabile. Quanto accadrà in quell’azienda segnerà infatti per i prossimi anni la nostra vita.
La Fiat, nell’ultimo secolo, ha determinato i rapporti sociali ed economici nel nostro Paese. Dalle prime automobili prodotte, al sostegno del fascismo e della politica degli armamenti, dal sostegno di Stato alle lotte del 1968, alla marcia dei quarantamila, alla cancellazione delle conquiste dei lavoratori, oggi si appresta ad assestare un colpo mortale ai principi fondamentali riportati nella Costituzione nata dalla Resistenza. La Fiat si è posta senza indugi alla testa di quelle forze economiche (e padronali) che hanno l’obiettivo di sconfiggere e cancellare definitivamente ogni velleità sociale che non sia basata sul mercato e sulla competitività. Del resto le affermazioni fatte dal suo ad ieri lasciano poco spazio all’immaginazione: ”È veramente offensivo il fatto che bisogna vedere i punti specifici del piano di Fabbrica Italia” come pretende la Fiom. E a chi gli chiedeva chiarimenti sul suo progetto, ha risposto: ”Non ho chiesto allo Stato, ai sindacati di finanziare niente. E' la Fiat che sta andando in giro per il mondo a raccogliere i finanziamenti necessari per portare avanti il piano. Andate in giro, voi e i sindacati, a raccogliere i soldi. Chiedere alla Fiat di svelare i dettagli del piano - ha poi aggiunto Marchionne - lo trovo ridicolo. Vogliono vedere il resto degli investimenti? Ma che scherziamo? Sono appena tornato dal Brasile, dove ho inaugurato con l'ex presidente Lula una fabbrica a Pernambuco. Non si sarebbe mai permesso qualcuno in Brasile di farsi dare i dettagli dell'investimento: non lo fa nessun altro paese del mondo. Smettiamola di comportarci da provinciali - ha poi affermato - quando serviranno gli altri 18 miliardi del piano li metteremo. Abbiamo il dovere di stare al passo coi tempi e di valorizzare tutte le nostre attività".
In un Paese dove per ottenere una semplice licenza edilizia, per un qualsiasi cittadino è necessario produrre una montagna di documenti e sottostare a un’enormità di vincoli urbanistici, ambientalistici, di risparmio energetico, ecc. per le conseguenze che una semplice abitazione può avere nell’eventuale limitazione del diritto di terzi, un privato cittadino, forte della sua condizione economica e dei padroni della Fiat, pretende di agire senza vincolo di alcun genere, nemmeno previsionale e si arroga il potere di cancellare il diritto di chi lavora e le stesse “regole democratiche”. Con la sua arroganza Marchionne contraddice i più elementari e consolidati principi di uguaglianza dei cittadini, previsti nell’articolo 3 della Costituzione: ”Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Lo stesso articolo 15 dello Statuto dei lavoratori afferma: ”È nullo qualsiasi patto o atto diretto a:
a) subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne parte;
b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero”.
Marchionne, la Fiat e il padronato stanno tentando di stravolgere quei principi fondativi che, pur se in ampia parte solo teorizzati e mai completamente applicati, rappresentano le basi del sistema sociale vigente dalla fine della seconda guerra mondiale. Le affermazioni di Marchionne e il gioco di squadra che la Fiat sta portando avanti con l’aiuto di Confindustria, del Governo e delle forze di “opposizione” aprono la strada a un “nuovo patto sociale” nel quale il lavoro, come strumento indispensabile di emancipazione e di libertà, non sarà più uno dei diritti primari di ogni cittadino ma sarà indissolubilmente legato e condizionato all’interesse padronale e al profitto, che non tollerano condizionamento e tantomeno ammettono alcun dissenso nella pretesa di determinare vincoli e limitazioni ai diritti di altri cittadini. Per questo si circondano di “rappresentanti sindacali” di propria fiducia (una volta si chiamavano sindacati gialli) e tentano di assestare il colpo mortale a quelle forze politiche e sindacali che provano a ostacolare il loro progetto.
Per questo la posta è altissima. Non sono più giustificabili mediazioni, tatticismi, balletti o altro. La portata dello scontro è tale che semplici distinguo o puntualizzazioni rappresenterebbero un obiettivo sostegno alle tesi dell’avversario di classe. E’ quanto stanno facendo, anche in questi giorni i vari dirigenti del Partito Democratico, D’Alema, Fassino, Damiano, ecc. Costoro, con il pretesto di favorire l’occupazione come d’altra parte fanno Cisl e Uil, preparano la sconfitta delle forze del lavoro e nascondendosi dietro il fumo di disquisizioni astratte sulla democrazia, sostengono il disegno padronale della Fiat, evitando di dirlo apertamente per la paura di perdere consensi.
Davanti alla brutalità e alla violenza del comportamento della Fiat e dei suoi maggiordomi è necessario quindi prendere coscienza della portata dello scontro in atto. Questo scontro determinerà quali saranno i rapporti economici e di forza fra le classi sociali nei prossimi decenni e quali, conseguentemente, saranno la libertà e le condizioni civili, sociali ed economiche dei lavoratori e dei discriminati.
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