Secondo i dirigenti del Pd gli anni della concertazione non sono stati sufficientemente penalizzanti per i lavoratori. Gli anni in cui cioè, grazie alla politica concertativa e unitaria ma soprattutto perdente e subalterna dei sindacati “responsabili e nazionali” Cgil Cisl e Uil, con la prospettiva di combattere la crisi e favorire l’occupazione (in particolare quella giovanile), si è permessa la cancellazione della scala mobile, il rinnovo di contratti con aumenti salariali irrisori e il conseguente spostamento di ricchezza dalle tasche dei tanti lavoratori in quelle dei pochi padroni profittatori, la cancellazione dei diritti consolidati (collocamento e assunzioni numeriche), l’intero pagamento delle malattie, la precarizzazione del lavoro, il lavoro in affitto, la cancellazione del sistema previdenziale pubblico, ecc., ecc., ecc. Il tutto davanti a un padrone arrogante e tracotante che, forte della debolezza ma soprattutto della subalternità sindacale, resa possibile da una politica rinunciataria e asservita, tenta di assestare il colpo definitivo ai lavoratori espellendo dalle fabbriche i rappresentanti più combattivi, come la Fiom e le rappresentanze di base.
Di fronte a tutto ciò, oggi il Pd non trova niente di meglio da fare che richiamare la Fiom al rispetto dell’esito del referendum, massima forma di democrazia e di partecipazione dei lavoratori, a prescindere da tutto il resto. Non importa e non è degno di nota, agli strateghi e pensatori del Pd, il ricatto insito nel referendum stesso.
Non è in gioco una semplice scelta fra due o più opzioni comunque possibili. La possibilità di scelta è fra la certezza del non lavoro e della miseria o quella di un lavoro con ritmi elevati e la rinuncia a diritti costituzionalmente garantiti. Nonostante ciò per costoro il pericolo per la democrazia non viene da chi impone (o cerca di farlo) questa situazione, ma dalla Fiom che resiste e che deve rispettare l’esito referendario prevedibilmente positivo per il padrone. Il trucco di questi esperti naviganti è quello solito del colpo al cerchio e di quello alla botte: il referendum deve passare (Marchionne e la sua linea devono vincere) perché il Pd è favorevole a un programma d’investimenti della Fiat. Va però rivista la norma sulle rappresentanze sindacali aziendali per garantire alla Fiom l’accesso a Mirafiori (sotto la legge del padrone però). Cosi sono contenti tutti. La ciliegina sulla torta arriva poi dall’immenso stratega e pensatore (ed ex comunista o comunista pentito), Massimo D’Alema (che se va a S. Moritz lo fa con scarpe da 29 euro). Egli non ha alcuna remora ad affermare: ”Manca un soggetto fondamentale in tutto questo, cioè il governo. Perché nel momento in cui si chiedono ai lavoratori dei sacrifici, non è chiara la controparte politica. Uno può dire a un lavoratore 'ti chiedo un sacrificio perché offro una garanzia a tuo figlio'. Ma dov'e' oggi un governo in grado di fare questo discorso e di unire il Paese (miliardari e morti di fame)? Non c'e'". E inoltre: "La vera debolezza della questione della Fiat è che tutto è affidato a un rapporto difficile tra le parti sociali, che diventa ancora piu' complicato perché manca il protagonista politico di un patto per lo sviluppo, cioè il governo del Paese'". In sostanza, sostiene D’Alema, va bene l’accordo Mirafiori. Ai lavoratori si possono chiedere ancora sacrifici (come hanno fatto i governi di centro destra e di centro”sinistra”), però il governo un po’ di promesse può almeno farle. Possibile che Berlusconi non lo capisca. Del resto questa politica sono venti anni che funziona e alle promesse mancate sono seguite solo altre bastonature per i lavoratori. Perché questo non può funzionare ancora? Nessuna responsabilità quindi per Marchionne e i pescecani industriali cui non sono assegnate colpe e che sono i validi e moderni rappresentanti del nuovo che avanza e del liberismo trionfante. Forse ha in mente, lo stratega, un qualche dibattito parlamentare o televisivo da ingaggiare democraticamente col Governo e la Confindustria, anche per dare sfoggio della propria cultura e capacità (acquisita in decenni di professionismo da politicante).
Intanto i lavoratori continuano a concertare, a perdere diritti, libertà e salario. E a morire di fame.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento