Si avvicinano le festività, tutti sono più buoni. Marchionne e i sindacati “democratici” (Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic e Ugl), compenetrati dallo spirito natalizio, hanno garantito che l’impegno per «una soluzione positiva entro Natale» può essere mantenuto. Mentre Uilm e Fim sono ottimiste per una conclusione rapida, la Fismic addirittura annuncia che va a firmare e non a discutere.
Del resto cosa c’è da discutere? Non viene mica affossato il Contratto di lavoro dei metalmeccanici. Non vengono nemmeno cancellati diritti indisponibili e di civiltà.
Del resto il “democratico” Marchionne ha parlato chiaro: non sarà certo lui a imporsi. Dopo l’accordo la parola andrà in ogni caso al referendum vincolante già annunciato dalla Uilm. E a Marchionne, questa volta, basterà “il 51 per cento dei consensi e non se ne andrà”.
Questa si che è democrazia. Ma quale ricatto? Semplicemente verrà chiusa Mirafiori se “l’accordo innovativo e moderno” non verrà votato dalla maggioranza dei lavoratori. Sarà sufficiente che questi ultimi (in tutti i sensi) rinuncino ai propri diritti e l’investimento di un miliardo di euro rimarrà in Italia. In questo modo potranno continuare a dipendere dalla meravigliosa Fabbrica italiana automobili Torino, altrimenti l’azienda sarà "costretta" poverina ad emigrare e loro a diventare democraticamente disoccupati.
Evviva la libertà. Evviva la democrazia.
Dato che è tempo di feste, le buone notizie non vengono mai da sole. Illuminata dallo spirito natalizio l’eccelso ministro Gelmini ha affermato che con la sua “riforma” si cancella definitivamente il 1968 e si agevolano gli studenti nello studio. Cos'hanno da protestare tanto gli studenti? I rappresentanti del popolo in Parlamento decidono per il "loro bene e il loro futuro" (non quello degli studenti: letteralmente il loro, quello dei politici).
E poi dicono che si tratta di una riforma politica e di classe.
Ultima buona notizia, una somma complessiva di oltre 3 miliardi di euro è stata chiesta dall'Agenzia delle entrate della Toscana ad Alberto Aleotti, 87 anni, patron dell'industria farmaceutica Menarini, come risultato di un "processo verbale di constatazione" notificato all'interessato lunedì scorso. Nell'atto si dà conto dei rilievi emersi da verifiche effettuate sul patrimonio personale di Aleotti (non di quello dell'azienda di cui è titolare), a seguito di un'inchiesta della procura di Firenze per truffa allo Stato e frode fiscale sui titolari e i dirigenti della Menarini. La richiesta di 3 miliardi di euro fatta dall'Agenzia delle entrate (a titolo di sanzioni, mancati interessi e mancato versamento di imposte) ad Aleotti, riguarda capitali del suo patrimonio personale trasferiti all'estero e poi fatti rientrare in Italia con lo scudo fiscale.
E poi dicono che non c’è giustizia e che gli imprenditori non soffrono. Non è vero, essi sono accomunati, nelle loro sofferenze, ai disoccupati e ai precari che pretendono di averne l’esclusiva. Altro che storie. Per fortuna che ci sono personaggi politici e ministri che ci insegnano la democrazia e le regole del bon ton nelle nostre proteste. Che in questo momento sono, francamente, poco in sintonia con lo spirito del Natale.
A quale democrazia, a quale libertà e a quali regole si riferiscano costoro (alcuni dei quali anche dal passato politico da picchiatori fascisti), è facile capire: libertà di subire, di essere privati della dignità, di essere licenziati, di essere espulsi dai processi formativi, di essere discriminati, di non avere un futuro. Tutto qui.
E poi ci lamentiamo.
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