Non c’è stata opposizione, né in Parlamento né nelle piazze da parte della Cgil o di Bersani (che oggi rivendicano la rappresentanza e il consenso dei giovani e dei precari), quando il governo Berlusconi varò la legge Biagi che completava l’opera iniziata da Treu (del governo di centro”sinistra” Prodi) di demolizione dei diritti e delle speranze dei giovani togliendo loro il futuro. Come pretendono ora di impossessarsi della rabbia sacrosanta dei giovani e dei precari?
Ancora, come può la Cgil e il Partito democratico pretendere di rappresentare il malcontento e la rabbia dei lavoratori, dei pensionati e dei disoccupati, quando proprio loro hanno sposato e sostenuto sia sul piano sindacale sia su quello legislativo, le politiche delle compatibilità capitaliste? Come sull’occupazione, per cui licenziare o precarizzare un lavoratore, togliendogli la libertà e il futuro è legittimo se all’impresa necessita e conviene. Come si è potuto arrivare ad anteporre il diritto dell’impresa e quello del lavoratore?
Stesso discorso sui salari e su pensioni. Sono state entrambi dimezzanti per renderli compatibili con il mercato e con l’attuale ripartizione del reddito. Certamente non con la necessità dei cittadini di avere un reddito, da lavoro o da pensione, di misura tale da garantire loro un’esistenza dignitosa e libera perlomeno dal bisogno.
Chi oggi pretende di rappresentare i soggetti più deboli, con le politiche già adottate ha cancellato la consapevolezza stessa dell’esistenza del conflitto. E si vorrebbe dare ad intendere che se i lavoratori, i pensionati, i giovani stanno male la responsabilità non è delle politiche di classe che i governi (tutti) hanno perseguito, ma della “incapacità” dei governi, o degli uomini, a governare. Oppure un semplice problema di onestà. Ma la morale c'entra ben poco: si tratta di specifici e consapevoli indirizzi economico-sociali.
Per i novelli paladini delle ingiustizie il governo non va combattuto perché ha rappresentato e tutelato innanzitutto gli interessi dei padroni e della Confindustria. Va contrastato perché Berlusconi non è capace di governare, anche perché troppo legato agli interessi delle sue aziende, oppure per i suoi presunti legami con la mafia o per le sue discutibili vicende personali.
Non va però combattuto per la legge Biagi, né per gli altri tagli alle pensioni iniziati dal governo di centro”sinistra” presieduto da Dini, oggi felicemente tornato al centrodestra. Né tantomeno per la politica delle delocalizzazioni agevolata dall’attuale governo (il centro”sinistra” avrebbe forse operato diversamente?). O su Pomigliano e la New Co? O sulle politiche di aiuti “umanitari” e armati in Afghanistan? O sulla Tav? O sulle politiche economiche di bilancio e spesa? Sui ticket sanitari? Oppure sulle politiche di privatizzazione del sapere che proprio loro hanno iniziato a realizzare? E si potrebbe continuare.
L’equivoco di fondo sta proprio qui. Come fa il Pd, insieme a Vendola, a farsi paladino dei diritti e degli interessi dei discriminati senza intaccare e colpire contemporaneamente quelli dei padroni, di cui rivendicano la rappresentanza e il consenso? Non si possono seguire contemporaneamente due tesi. A meno che il vero obiettivo di costoro è utilizzare il malcontento ai soli fini elettorali.
La storia recente ha dimostrato, infatti, che le politiche e le scelte economiche fondamentali dei governi di centro”sinistra” sono le stesse di quelle dei governi di centrodestra. Ai partiti che si pongono l’obiettivo di collocarsi in questo scenario non resta (finora non è restato) che scegliere il male minore.
Tutto ciò potrebbe essere anche opportuno, per una ragionevole e momentanea unità tattica d’intenti, su precisi e delimitati obiettivi fra forze politiche che decidono di opporsi al male peggiore (l’attuale governo). Certamente non su un’irrealizzabile, impossibile, unità strategica con forze politiche che si propongono di rappresentare interessi contrastanti e inconciliabili. Perchè di classe. Tali sono gli interessi dei lavoratori con quelli dei padroni.
Di ciò occorre essere consapevoli. Altrimenti l’unità appiattita, priva di analisi e di obiettivi economici e sociali, ma con l’unico scopo di battere Berlusconi com’è avvenuto con l’esperienza dei governi Prodi, permetterebbe al massimo di preferire il male minore. O, per dirla con Lenin, di scegliere quale dei rappresentanti del padronato ci opprimerà per i prossimi cinque anni.
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