giovedì 7 ottobre 2010

Un accordo sindacale controcorrente

Giorni fa il sindacato tedesco Ig Metall ha raggiunto un accordo con uno dei maggiori gruppi industriali al mondo, la Siemens AG, azienda che opera principalmente nei settori dell’automazione industriale, del trasporto ferroviario, dell’illuminazione, dell’energia, dell’informatica e dell’elettronica medica.
Quattro sono i punti nodali dell’accordo.
1) La sovranità sull’occupazione, in Siemens, diventa materia condivisa, non più soggetta ad atti unilaterali dell’azienda che non può operare alcun licenziamento senza che la rappresentanza sindacale aziendale conceda il suo nulla osta.
2) l’accordo è sì valido - ma non poteva essere altrimenti - per la sola Germania, ma è esteso anche alle “consociate”, sicché i lavoratori che ne beneficeranno toccheranno il ragguardevole numero di 160mila. E’ l’intero arcipelago del gruppo a essere coinvolto. Le aziende controllate saranno tutte vincolate alla medesima normativa in materia di salvaguardia occupazionale.
3) In caso di crisi aziendali si ricorrerà a soluzioni alternative alla risoluzione dei rapporti di lavoro, come la mobilità all’interno del gruppo e come la riduzione degli orari. Sì, proprio quell’intervento sul tempo di lavoro che padroni e governi nostrani hanno sempre osteggiato e tuttora considerano una sciagura, preferendo che il mondo del lavoro si divida fra un esercito di disoccupati involontari (scarsamente o per nulla assistiti) e un’altra parte, ricattabile, impegnata per sessanta ore settimanali.
4) Impegno formale di Siemens, conseguenza diretta dei precedenti, di non delocalizzare le produzioni all’estero: gli investimenti e gli insediamenti allocati dall'azienda in terra straniera saranno dunque complementari e non sostitutivi rispetto a quelli operativi in Germania.
La società bavarese non è la sola impresa tedesca ad aver intrapreso questa strada, visto che la Daimler, azienda di automobili e mezzi di trasporto civili e militari, ha revocato l’intenzione di chiudere lo stabilimento di Sindelfingen, impegnandosi a mantenere in forza, fino al 2020, i 37mila lavoratori che vi sono occupati.
Tutto ciò merita un’approfondita riflessione, che dovrebbe essere condivisa anche dai politici e dai sindacati nostrani. Con questo accordo si demoliscono luoghi comuni che hanno qui da noi grande seguito. A partire dalla madre di tutte le sciocchezze, quella secondo cui i differenziali dei costi di produzione (e specialmente di quello del lavoro) giustificano ogni sorta di sopruso antisindacale entro i confini nazionali, nonché la dismissione degli impianti da traslocare appena possibile in siti dove il rischio di impresa è pari a zero e il profitto certo.
Questo non significa certo che in Germania ci siano padroni filantropi che rinunciano al loro profitto sulla pelle dei lavoratori. C’è da parte del padronato tedesco meno ingordigia rispetto agli imprenditori nostrani e più lungimiranza, perché retribuisce il lavoro operaio come nessuno al mondo (da tre a cinquemila euro mensili), con i salari reali che sono cresciuti nel secondo semestre e su base annua del 2,3 per cento, mentre decollano nei lander le lotte per i rinnovi dei contratti di settore e - malgrado i tagli di questi anni - il welfare, nonché gli investimenti sulla ricerca e sull’intero sistema formativo si mantengono a livelli ragguardevoli. Con le logiche ricadute positive in materia di consumi.
Ora, non si tratta di magnificare acriticamente il modello cogestionale tedesco, che ha le sue ombre, quanto segnalare che, pur rimanendo all’interno di un ambito capitalista e di mercato, possono sussistere soluzioni meno ingiuste e discriminatorie di quelle nostrane, improntate alla cancellazione dei diritti, al precariato, alla disoccupazione, al sottosalario e alla delocalizzazione.
Di quest’accordo in Italia sicuramente si parlerà poco o nulla. Né il padronato e i partiti che lo rappresentano (di destra o di "sinistra"), né i sindacati, tutti accucciati sotto il totem dominante delle compatibilità capitaliste, hanno interesse a far conoscere l’esistenza di strade diverse da quelle che perorrono. E che sono cosi fruttuose per loro in termini di sporchi, veloci soldi.

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