mercoledì 27 ottobre 2010

Amministratore delegato polacco a 200 euro al mese per la Fiat? Siamo d'accordo

L’intervista rilasciata dall’amministratore delegato della Fiat Marchionne, al terzo canale Rai, si è svolta senza che fossero poste serie e scomode domande da parte dell’intervistatore. Questo ha permesso al manager di enunciare indisturbato e senza contraddittorio alcuno le ragioni della Fiat e della Confindustria. L’intento chiaro della presenza di Marchionne in televisione è stato quello di tentare di rispondere alla grande e riuscita manifestazione della Fiom del 16 ottobre ed al consenso che intorno ad essa si è creato.
L'intervista dell'amministratore delegato della Fiat nella trasmissione di domenica si è rivelata un boomerang. Sergio Marchionne, di fronte a un interlocutore sorridente e accondiscendente, si è sentito autorizzato ad esporre tutto il suo repertorio padronale e di parte, elencando tutte le sue ragioni e risentimenti senza fornire alcun dato o notizia concreta sui veri programmi della Fiat in Italia, lamentandosi e prendendosela però con chi frena il glorioso e meraviglioso (per chi?) percorso della Fiat, a partire da Pomigliano.
Su questa strada ha usato un modello comunicativo che purtroppo conosciamo bene e che è quello di Silvio Berlusconi. Da un lato c'è il "fare", con i bianchi buoni e dall'altro c'è il "sabotare", con i pellerossa cattivi. Tutti coloro cioè come Fiom, giudici, intellettuali che non sono disponibili a compiacere l’imperatore e che "remano contro" impedendo l’ottimo, radioso, patriottico e disinteressato lavoro della Fiat e del suo Ad, che non guadagna nulla in Italia, ma solo all'estero.
Marchionne si è dimenticato di dire che la Fiat, come ha giustamente rilevato il segretario della Fiom nazionale Giorgio Cremaschi, ha installato le sue aziende solo in quei Paesi dove i salari dei lavoratori sono i più bassi e i finanziamenti pubblici proporzionalmente più alti. Ha dimenticato di dire che in Europa occidentale, dove ci sono quei salari più alti che lui ha promesso agli operai italiani, non c'è alcuno stabilimento della Fiat.
Marchionne ha annunciato il taglio di dieci minuti delle pause per i lavoratori di Melfi e Pomigliano presentandolo come piccola cosa, un piccolo sacrificio peraltro retribuito. Ha dimenticato però di dire che questo taglio corrisponde alla riduzione del 25 per cento delle pause. Ci provi a ridurre del 25 per cento i profitti dei suoi azionisti e vedrà se questi ultimi saranno d’accordo. Marchionne ha lamentato l'anarchia degli stabilimenti, dove però la Fiom ha solo il 12,5 per cento degli iscritti, senza spiegare perchè l'azienda non riesca a governare l'87,5 per cento del proprio personale. Marchionne ha annunciato che l'Italia sarebbe al 118esimo posto su 139 per efficienza del lavoro. Senza spiegare (d'altra parte nessuno gliel'ha chiesto) da dove venga questa classifica, su quali basi sia costruita, quali siano i fattori che la compongono.
Marchionne ha smentito ogni intenzione di entrare in politica con la solita ipocrisia degli amministratori delegati che danno giudizi politici, fanno operazioni politiche, sostenendo al contempo che questo è solo mercato. Marchionne ha lamentato che tre operai a Melfi hanno fermato 1.200 lavoratori, dimenticando che questa sua affermazione è stata condannata come antisindacale da un tribunale che ha disposto il reintegro di quei lavoratori. Sentenza che la Fiat non ha ancora rispettato. Marchionne, come Berlusconi, più fallisce più diventa prepotente, meno è in grado di spiegare più offende. E, come Berlusconi, vede la propria arroganza smontata dal semplice commento di un comico, in questo caso Luciana Littizzetto, che alla fine della trasmissione si è più o meno chiesta: "Ma se è così bravo, com'è che chiude Termini Imerese?".
Marchionne ha passato un quarto d'ora in televisione senza spiegare nulla, ma non certo per riservatezza o rispetto delle relazioni sindacali, perchè questo è esattamente quello che fa anche al tavolo delle trattative. In Marchionne, come in Berlusconi, è sempre più difficile distinguere l'immagine dalla realtà, la propaganda dai fatti. E poi, esattamente come fa il Presidente del Consiglio, Marchionne si è lamentato di una campagna mediatica avversa. Qui c'è un'assoluta irriconoscenza verso un mondo culturale e politico che invece ha sempre supportato le sue imprese. Al punto di non chiedere neppure conto di fatterelli come la distribuzione di lauti dividendi agli azionisti e poderosi aumenti al top management, mentre agli operai veniva cancellato il premio di risultato. In realtà con il regime informativo che c'è oggi in Italia, se raccoglie cattiva pubblicità Marchionne deve prendersela unicamente con se stesso.
Alla fine bisogna ringraziare questa trasmissione. Dopo di essa le ragioni della Fiom sono ancora più chiare e valide.

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