Due marocchini sono stati denunciati e arrestati per furto aggravato di spazzatura a Capizzone, Bergamo, su iniziativa del sindaco che li ha sorpresi a rovistare nel cassonetto dei rifiuti, di proprietà esclusiva del Comune.
Su una notizia del genere si potrebbero fare molte considerazioni, anche per l’aspetto metaforico che questa vicenda paradossale contiene.
Come non paragonare questo episodio a quanto sta accadendo in Campania, dove tonnellate di immondizia (che nessuno si preoccupa di togliere o tantomeno rubare) marciscono per le strade e tra le case? Come non pensare al rifiuto sacrosanto di quelle popolazioni di continuare a convivere con discariche di cui farebbero volentieri a meno (realizzate in aree protette), che ammorbano l’aria e procurano malattie e morte e delle quali nessuno rivendica la proprietà?
Ma i rifiuti si prestano bene per evocare ben altro tipo di “monnezza” con la quale abbiamo a che fare di questi tempi. Come non paragonare a una discarica l’immondizia sociale, etica e morale degli scandali giudiziari e sessuali che riguardano i potenti di turno, che riescono a evitare una “giustizia” che è così “benevola” nei loro confronti, nonostante le pesantissime accuse in ballo?
La vicenda di Capizzone è emblematica per la palese discriminazione e ingiustizia cui sono stati oggetto i due derelitti. A costoro non è consentito di appropriarsi né delle briciole, né tantomeno degli scarti. Se lo fanno vengono puniti da una “giustizia” implacabile e “severa” nei loro confronti. Tutto ciò mentre ad altri, colpevoli di ben altri ladrocini, è consentito di continuare a farlo, di vantarsi di averlo fatto e di proporsi come esempio per tutti.
Quanto accaduto ai due marocchini, che non avrebbero probabilmente mai immaginato di compiere alcun atto illecito nel cercare tra la spazzatura qualcosa che potesse servire loro, non è l’ultimo curioso e anomalo episodio o l’incidente involontario e maldestro accaduto in un piccolo paese italiano a causa del pazzoide di turno. Quanto accaduto a Capizzone evidenzia meglio di altri fatti l’involuzione sociale, economica e culturale di un Paese, l’Italia, nel quale solo pochi ”fortunati” sono detentori di diritti e libertà non riconosciuti a tutti gli altri cittadini.
I primi sono liberi di sottrarsi alle leggi e alle regole, anzi di farsele su misura: possono utilizzare i beni di tutti a loro vantaggio esclusivo e arricchirsi spropositatamente, mentre tolgono diritti e libertà agli altri licenziando, delocalizzando, privatizzando, precarizzando, cancellando diritti civili, sociali e contrattuali, tagliando pensioni o imponendo ticket. Mentre gli altri non possono che subire tutto ciò. Non c’è stata e non ci sarà alcuna forza pubblica a intervenire a tutela del loro diritto e della loro libertà. Tutto questo fa e deve fare scandalo. Non le “avventure” di qualche inguaribile e patetico despota che può contare su una “opposizione” che si attiva solo su queste vicende, mentre lascia campo libero e condivide tacitamente tutto il resto.
L’assenza di un’opposizione, prima che politica, culturale e di classe a questo sistema, completa il quadro. Quadro che i potenti e i loro lacchè si spendono per far credere e considerare l’unico e il migliore possibile e non come un insieme di regole economiche e sociali, nonché di classe, di cui sarebbe opportuno liberarsi al più presto. O quantomeno ridiscutere.
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