Il padronato continua a manovrare per aumentare i suoi profitti delocalizzando, riducendo il personale (con licenziamenti diretti o indiretti o cassa integrazione) e disdicendo i contratti nazionali di lavoro seguendo l’esempio Fiat-Pomigliano, scaricando sui lavoratori il costo delle riorganizzazioni e delle fusioni con altre aziende.
Unicredit prevede di tagliare 4.700 posti di lavoro nel 2011/2013, oltre alla fuoriuscita dal gruppo di 10mila lavoratori già verificatasi dal 2007 a oggi e di altri 1500 lavoratori che hanno seguito la cessione ad altre banche di 500 sportelli.
Telecom ha annunciato il licenziamento unilaterale di oltre 6.800 lavoratori. Grazie a un'intesa sindacale che prevede “solo” 3.900 uscite, i licenziamenti sono diventati "esuberi volontari". Questo “significativo” passo avanti è stato reputato fondamentale nelle relazioni tra Confindustria e sindacati. E', come ha precisato Emilio Miceli, segretario generale della Slc-Cgil (sindacato di categoria dei lavoratori telefonici iscritti alla Cgil) "un modello possibile di relazioni industriali e di gestione nuova, moderna, degli esuberi". In conclusione o ti caccia l'azienda o te ne vai da solo con alcuni mesi di stipendio concordato e qualche gratifica (a carico di chi?). Il sindacato anche in quest’occasione “accogliendo” le richieste della Telecom “favorisce” l’uscita di questi lavoratori concordando l’uso dei cosiddetti ammortizzatori sociali, che attutiscono l’impatto della cessazione del rapporto di lavoro per i lavoratori interessati, ma certificano di fatto la perdita dei quasi 4mila posti di lavoro. Nell'arco del triennio, inoltre, Telecom s’impegna a non effettuare societarizzazioni o esternalizzazioni per le attività di customer operations e nemmeno l'esternalizzazione di attività informatiche o di staff, comprese Hr Services e Ssc (cioè per il settore delle risorse umane e dell'informatica).
In una fase in cui non si contano gli accordi separati, quello su Telecom vede invece la firma di tutte le sigle. E proprio la forza dell'unità sembra essere stato l'elemento “vincente”: secondo la Cgil, infatti, «la forte tenuta unitaria del sindacato è stata fondamentale per il risultato raggiunto», mentre la Cisl parla di «grande conquista del sindacato». A giudizio della Uil l'intesa segna il ritorno a un «buon sistema di relazioni industriali» e l'Ugl parla di «accordo che rimette al centro il lavoratore». Per l'azienda, infine, l'ad Franco Bernabè ha dichiarato che «la firma di quest’accordo, che realizza interamente i nostri obiettivi di efficienza previsti nel Piano, garantisce il rispetto e la tutela dei lavoratori». Questo “capolavoro”, che il sindacato unito definisce “vincente”, fa passare interamente le “logiche” aziendali di efficienza e profitto a scapito dell’occupazione e si realizza nonostante l’utile netto nel 2009 di Telecom sia stato di 1.578 milioni di euro, pur con un debito colossale di 34 miliardi di euro (di cui sarebbe opportuno approfondire le cause). Perché la Telecom licenzia e riduce i posti di lavoro se è in utile? Forse per incrementare il precariato e con esso gli utili, come avvenuto con i call center?
A questi casi clamorosi di riduzione del lavoro se ne aggiungono innumerevoli altri di piccole aziende che stanno seguendo il contagio Fiat teso a scaricare tutto sulle spalle dei lavoratori. Di questo fenomeno è difficile stabilire le esatte dimensioni, anche se, da quanto è dato sapere, la disoccupazione sta crescendo. Illuminanti sono, a questo proposito, i dati relativi alla Cassa integrazione guadagni straordinaria, cassa sovvenzionata dai contributi previdenziali versati dai lavoratori che viene attivata in caso di crisi aziendali consistenti, per integrare i mancati guadagni dei dipendenti interessati. Le cifre segnalano un aumento del 9,8 per cento a luglio delle richieste di cassa integrazione rispetto al mese precedente.
Licenziamenti, esuberi volontari, cassa integrazione, ma non avevano giurato che la crisi era finita? Forse sì, per loro.
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