lunedì 2 agosto 2010

L’automobile e la libertà vista dal finestrino

Decenni di martellanti e ripetute campagne pubblicitarie sono riusciti a far considerare l’auto privata come lo strumento principale per la realizzazione e l’appagamento del desiderio di libertà individuale, superiorità e competitività verso e contro gli altri. E’ l’automobile che ci rende liberi, più di ogni altra cosa. Con l’auto sono a casa mia, parto quando voglio e vado dove voglio senza rendere conto a nessuno e spesso contro l’automobilista che mi sta accanto, nell’interminabile coda che anch’io sto facendo.
Lentamente siamo arrivati a non desiderare altra libertà fuori che quella che ci può dare l’auto e non ci accorgiamo che questo simulacro rappresenta invece il simbolo prediletto dei nostri condizionamenti e schiavitù. Quest’operazione di persuasione ci ha indotto a pensare che il mondo che conosciamo, costruito intorno all’auto, sia l’unico e il migliore possibile e realizzabile. Non esistono, né possono esistere stili di vita legati a parametri diversi. Poco importa passare buona parte della nostra vita al lavoro per permetterci una macchina, acquistarla e mantenerla efficiente, revisionarla, fare bollini blu, pagare il bollo, l’assicurazione, il carburante con il suo pesantissimo fardello fiscale, l’Iva, i pedaggi autostradali (sempre più cari a vantaggio di altri privati “imprenditori” che lucrano su autostrade realizzate con i soldi delle tasse che paghiamo). Ma anche le innumerevoli strade locali, comunali, regionali, statali, in perenne crescita, che erodono il verde e la natura e la ricoprono di catrame. Strade che sono lo strumento complementare, pagate anch’esse con i nostri soldi, senza le quali le auto non avrebbero possibilità di esistere. Poco importa respirare gas di scarico invece che aria pulita. Poco importa passare una buona parte di tutte le nostre giornate incolonnati a seguire una libertà che corre più veloce di noi. Paghiamo prezzi così alti, senza rendercene conto, ma l’auto non ci dà la libertà. Al contrario peggiora la nostra vita, dandoci l’illusione di renderci liberi, condizionando nella realtà il nostro tempo e le nostre abitudini.
La macchina privata sopperisce inoltre alla carenza di servizio pubblico, legato ai costi di mercato e senza più l’obiettivo di scoraggiare l’uso di mezzi privati, spesso a causa della sua scadente qualità e dei costi elevati. Proprio oggi però, Federauto segnala preoccupata: “Crollo delle immatricolazioni del 26 per cento. Italia in controtendenza rispetto agli Usa, un vero disastro per tutti!”. E avanza l’ennesima richiesta al Governo di quattrini e di interventi di sostegno, dietro la minaccia della delocalizzazione, con conseguenti licenziamenti: “È importante che Fiat resti a produrre in Italia. Per questo serve un atteggiamento totalmente diverso di certi sindacati. In questo momento produrre in Europa non conviene più e tutti stanno smobilitando gli stabilimenti per delocalizzare”. Alla faccia del libero mercato e della competitività. Per mantenere questo tipo di sviluppo la Fiat e le case costruttrici hanno usufruito nel tempo di finanziamenti, rottamazioni, incentivi, Cassa integrazione guadagni, strade e autostrade e oggi chiedono la cancellazione dei diritti costituzionali dei lavoratori e turni massacranti (Pomigliano). Ma nonostante tutto questo hanno il coraggio di teorizzare il mercato e la competitività più sfrenati.
Perché la Fiat rivendica il mercato e l’autonomia “imprenditoriale” quando si tratta di distribuire sacrifici e “rigore” (o di delocalizzare) e poi bussa a denari pretendendo i soldi di tutti a difesa del ruolo “sociale” delle imprese? Sempre per lo stesso motivo: ”Salvare l’occupazione” dicono. Ci stanno imbrogliando, complici forze politiche e sindacali. Quello che vogliono salvaguardare non sono gli interessi della collettività, ma il loro profitto e i loro utili. Questi si che devono rimanere privati, le perdite possono essere tranquillamente socializzate.
Non li dobbiamo accontentare.
Signori capitalisti, diciamo no alla vostra libertà, al vostro finto modernismo, alla vostra decantata “libera concorrenza” con i nostri soldi e il nostro sudore. Va costruita invece una società dove non ci sia bisogno di avere un’automobile privata per essere liberi. Dove quando si respira non ci si avvelena, dove a prevalere non sia il principio di sopraffazione del più forte, o del più ricco. Con la macchina più grossa. Va costruita una società di uguali, dove non esista la ricchezza sfrenata e la povertà più assoluta. Va costruito un futuro intorno all’uomo, alle sue aspirazioni e ai suoi bisogni e non intorno a falsi e interessati miti di sopraffazione e di affermazione individuale. E soprattutto ai vostri guadagni.

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