I gruppi di potere politico ed economico stanno combattendo quello che può essere lo scontro finale di questa legislatura. I recenti scandali, che hanno coinvolto il ceto politico di maggioranza e di “opposizione”, sono il segno più evidente della “qualità” della lotta politica in atto, svolta senza esclusione di colpi fra gruppi di potere attraverso gli espedienti più degradanti elevati a strumento e metodo di “confronto politico”. La dialettica delle idee e delle posizioni è sostituita da campagne personalistiche denigratorie, più o meno fondate, che evidenziano l’assenza di diversità politiche di fondo fra i partiti di governo e quelli di “opposizione” che recitano nel teatrino.
Il loro “confronto democratico” non si occupa dell’estremo disagio in cui si trova la stragrande maggioranza di cittadini, lavoratori con stipendi bassissimi e spremuti dal fisco, giovani precari o disoccupati senza futuro, pensionati costretti a fare i conti con pensioni da fame. Si affanna invece attorno a questioni lontane dai bisogni e dalle attese dei ceti popolari.
Il Partito democratico e altri “oppositori” del morente governo Berlusconi, infatti, si stanno facendo in quattro per formare, in vista di una imminente crisi, un cosiddetto governo “tecnico” di “transizione” a tempo, che dovrebbe affrontare esclusivamente le “emergenze”. Queste per il Pd sarebbero: una nuova legge elettorale, una legge che garantisca realmente il pluralismo e la correttezza dell'informazione con un mandato temporalmente chiaro e un intervento per affrontare l'emergenza economica. A capo di questo governo andrebbe bene chiunque meno che l’attuale Presidente del consiglio. Il Pd è pronto, pur di liberarsi di Berlusconi, anche a “alleanze innaturali” (con i post fascisti?) pur di evitare elezioni anticipate. Sarebbe disposto perfino ad accettare una presidenza di Tremonti, ovvero l’artefice dell’attuale disastro economico per i lavoratori.
Il rimedio individuato dai "democratici" sarebbe, se possibile, peggiore del male (Berlusconi). Il Pd vorrebbe dare a intendere che per affrontare le questioni del sistema elettorale e del pluralismo, nonché quella non meglio definita “dell’emergenza economica” (tutto l’insieme cioè delle questioni fondanti per un sistema democratico) dovrebbe essere un “governo tecnico”. Un governo asettico, cioè “emancipato” dal controllo dei partiti e da interessi economici di parte che agisca per il bene superiore del Paese. Di tutto il Paese: ricchi, poveri, occupati e disoccupati, tutti insieme. Un governo che, alla fine, fungerebbe da specchietto per le allodole per i soliti noti chiamati come sempre a pagare. Il Pd si guarda bene, infatti, dall’avanzare richieste sulle questioni economiche. Per esempio si potrebbe proporre una aliquota sui grandi patrimoni o tassare le rendite e le plusvalenze di borsa, oppure introdurre strumenti di difesa dei redditi con una nuova scala mobile, o una politica per l’occupazione, con l’obbligo di reinvestimento degli utili aziendali e un sostegno economico per i giovani e gli espulsi dai processi produttivi, ecc. ecc. ecc.
I lavoratori, i disoccupati e i pensionati sanno per esperienza che niente di tutto ciò sarà fatto: alla fine saranno sempre loro a pagare e qualsiasi governo (di centrodestra, di centro"sinistra" o "tecnico") alla fine scaricherà su di loro i costi dell’emergenza economica. Queste sono state le politiche economiche di tutti i governi, di qualsiasi colore, che si sono succeduti negli ultimi venticinque anni e che hanno prodotto un immenso spostamento di ricchezza a favore dei più ricchi e a danno dei lavoratori, con stipendi e pensioni più bassi, tasse crescenti per i soli redditi fissi, disoccupazione, precarietà e perfino povertà.
Lo stesso sistema “democratico” del Paese ha subito una pesante involuzione, con il fattivo contributo dei partiti di tutti gli schieramenti, con il sistema maggioritario e l’accentramento dei mezzi di comunicazione di massa che hanno prodotto un sistema “democratico parlamentare” nel quale sono estromesse formazioni politiche alternative che siano espressioni delle istanze dei discriminati e degli sfruttati.
Il “governo tecnico” serve solo a distrarre il popolo dai suoi reali e quotidiani problemi e a dare modo al ceto politico di centrodestra e di centro”sinistra”, portatori sostanzialmente delle stesse politiche, di scontrarsi fra loro per il potere economico e politico e per la supremazia dei rispettivi gruppi economici.
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