lunedì 13 settembre 2010

Meno lavoratori morti o più soldi in tasca?

Recentemente il ministro Tremonti, ha avuto modo di affermare che: “robe come la 626 (la legge sulla sicurezza sul lavoro) sono un lusso che non possiamo permetterci. Sono l'Unione europea e l'Italia che si devono adeguare al mondo”. Questa illuminante dichiarazione sintetizza il modo di pensare di tutta quella categoria di “economisti” e padroni che indicano mercato e competitività come nuovi totem, in nome dei quali sacrificare tutti i diritti di civiltà e di progresso conquistati dalle lotte dei lavoratori.
Secondo tali illuminati “pensatori” rendere sicuri i posti di lavoro costa troppo e questo riduce la possibilità per le aziende di competere nel mercato globale. Per questo se vogliamo mantenere e creare occupazione occorre risparmiare e abbattere i costi anche su questa voce.
Le conseguenze di questa “filosofia” appartengono purtroppo alla quotidianità. Ogni anno si verificano centinaia di migliaia di infortuni, troppi dei quali mortali. A questi devono aggiungersi le malattie professionali (contratte cioè sul lavoro), le cui quantità e conseguenze sono difficilmente quantificabili, perché spesso producono effetti solo nel tempo.
Ormai le morti sul lavoro, gli infortuni con pesanti conseguenze invalidanti e le malattie professionali non fanno neanche notizia, a meno che non riguardino più persone contemporaneamente. E anche queste vengono dimenticate in fretta. Fra le cause più ricorrenti ci sono i ritmi e l’organizzazione del lavoro e l'assenza dei più elementari dispositivi di protezione individuale e collettivi. La mancanza cioè di tutte quegli strumenti, norme e consuetudini che servirebbero a contenere il fenomeno.
Gli infortuni sono dovuti perciò ai “risparmi” che le aziende fanno in questo campo, perché, a conti fatti, costa di meno l’incolumità e la vita di chi lavora che prevenire. Del resto con tutta la disoccupazione esistente è più facile e meno costoso rottamare e sostituire un lavoratore che si rompe che una macchina. La flessibilità e la precarietà del lavoro, realizzatesi nelle imprese con la complicità del sindacato, hanno accentuato il fenomeno. Non è un caso, infatti, che laddove c’è lavoro nero e precarietà, gli infortuni e la gravità di questi aumentano. I lavoratori, infatti, sono costretti ad accettare ogni tipo di condizione e di rischio, pena la perdita dell’unica fonte di reddito disponibile. Inoltre le ripetute leggi che continuano ad alzare l’età pensionabile e conseguentemente la vita lavorativa, costringono persone di età avanzata a esporsi a condizioni di rischio sempre più elevate.
E’ per far risparmiare le imprese e renderle competitive che va azzerata la prevenzione nei posti di lavoro, che si deve andare in pensione più tardi, con più anni di lavoro e con redditi da fame, che c’è disoccupazione o si e precarizza il lavoro, o si vogliono dare salari più bassi e senza indicizzazione, turni di lavoro di otto ore senza pausa, senza la malattia e il diritto di sciopero, abbattendo il sistema sociale, azzerando i contratti nazionali di lavoro, ecc. ecc. ecc.
Questo libero mercato, e questa competitività forse costano un po’ troppo in raffronto all’occupazione che producono. Non è il caso di cambiare sistema? Partiti e salvatori della "sinistra": voi cosa proponete?

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