venerdì 21 maggio 2010

No Usa, No Uk, Nobraino!

Una serata di pioggia. Roma sembra non volerne sapere della primavera e San Lorenzo è uno slalom solitario tra le pozzanghere. Girato l’angolo, dopo che un rasta ci chiede notizie del suo cucciolo di bassotto disperso, giungiamo alla meta. Un serpentone di gente fuori dalla “Locanda Atlantide” ci ricorda della disdetta di qualche sera prima: tutto esaurito per i Diaframma dopo mezz’ora di coda umida. Ma quanto tira ‘sto rock italiano? Almeno qui, nell’oscuro lato “alternativo” della capitale. “Avete una cartina?” Con un gesto falso e arrogante spezziamo la fila e il giogo della prevendita. Siamo dentro. Facce già viste, molte altre nuove. Facce sempre più numerose. Il tempo di constatare ciò, accaldati e accalcati, ricordando i nostri esordi in prima (e unica) fila al “MarteLive” che, accolti dal boato degli astanti, i “No Usa, No Uk, Nobraino” sono sul palco.
Subito è tutto un ballo e un canto, accaldato e accalcato, segno che la band di Riccione ne ha fatta di strada dalle selezioni del concorso romano. E stasera è serata di gala, giacché si presenta il nuovo nato, il terzo disco della band, prodotto da Giorgio Canali. Canali? Ma allora era proprio lui lo smilzo di mezza età al bancone del bar col drink in mano! E già parte la caccia di tutti i musicisti presenti in sala con tanto di demo in mano da consegnare. Ma li tengono in saccoccia nella speranza di incontrare un ex Cccp qualunque? Tornando a noi, con la band al gran completo, Kruger sul palco (ma anche in platea, sulle quinte, appeso a un lampadario) mena le danze come al suo solito e la gente conosce già a memoria le parole di “La giacca di Ernesto”, ultimo singolo. Terrificanti problemi tecnici sembrano innervosire un poco il frontman, che si fa largo tra la folla verso il mixer, dopo aver bestemmiato contro il microfono (e non solo), lasciando gli altri a improvvisare una “Romagna mia” da inserire stabilmente in repertorio. Poco male, tutto fa spettacolo, soprattutto coi Nobraino. Ritorna il sereno (tecnico) ed è una cavalcata sui nuovi brani della band che tutti ballano e cantano all’unisono: il disco, per stessa ammissione della band, è solo fissione su supporto scarsamente commercializzabile e distribuibile di quello che viene da tempo suonato live. “Nobraino, in nessun negozio di dischi”: ci dispiace per tanti feticisti nostalgici, noi compresi, ma questo significa vederci lungo (oltre che sottrarsi alla logica fascista delle case discografiche ecc, ecc, ecc). E poi quello che conta è la musica e i nostri questo lo sanno (e lo fanno) bene! “Narcisisti misti”, “Chi me l’ha fatto fare”, “La signora Guardalmar”: i nuovi brani confermano lo straordinario miscuglio di generi e rimandi, quello di cui t’innamori dal loro primo concerto (che sia il salotto, sconquassato come non mai, della Dandini o la sera prima, in incognito, per quattro fortunati alle tre di notte al “Contestaccio”).
Nestor alla chitarra, Bartok al basso, Vix alla batteria (e la sezione fiati con David jr Barbatosta e il Duca d’Abruzzo) smontano e riassemblano e citano e stravolgono tradizione melodica italiana, cantautorato, swing, jazz, rock, ma anche musica da film western, muto anni ’30, espressionismo tedesco (e sicuramente rimane fuori qualcosa), senza cadere nel manierismo o in un certo gusto retrò che oggi è così in voga, almeno quanto l’assenza di idee di tanti presunti fenomeni dell’indie italiano. Ne nasce un qualcosa di nuovo, probabilmente impossibile da definire se non nel risultato finale: il ballo instancabile e la gioia collettiva del pubblico dei loro concerti. Del pubblico della Locanda, stasera. E poi c’è lui. Eroe da film muto trasformato in punk microfonomunito, imperterrito acrobata come un novello Buster Keaton che incontra Groucho Marx che interpreta (con riverenza) Paolo Conte. Ottimo singer dalle cromature basse. Persona amabile. Lorenzo Kruger trasforma il mix musicale in qualcosa d’altro, come energia rinnovabile. Canta, balla, poga tra il pubblico, si arrampica sulle impalcature, distrugge microfoni e bicchieri, gioca pericolosamente con le pale dei ventilatori, spara (a salve) alle prime file, si rinchiude in una cassa. E in tutto questo è cantastorie allievo di De Andrè (“Notaio scarabocchio, “I signori della corte”) e interprete insolito ed efficace con un gusto alla Gaber (“L’italiano”).
Mentre si disquisisce su come possano averli scartati da Sanremo (che fortuna!) per andarsene "in tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i laghi", sul palco sale il buon Canali, per una versione particolarmente rockettara di “Succhiami il cuore” e una decisamente insolita di “Bifolco”. Kruger lo prende abbondantemente in giro (eh, non c’è più rispetto per le vecchie glorie!) e Canali sta allo scherzo, alzando però il volume della chitarra a livelli parossistici tanto per far valere la sua legge da mito dell’underground italiano. Ci sta.
La seconda parte del concerto è dedicata ai classici in repertorio, col pubblico in delirio sulle note di “Ballerina straordinaria”, “Partì per l’America”, “Le tre sorelle” e (solo) le femmine in delirio per il nudo collettivo della band nel gran finale.
All’uscita, il tempo di constatare che piove sempre su Roma, incontriamo Kruger sull’uscio della Locanda. Dismessi i panni (fradici e a brandelli) del mattatore ci saluta in borghese e baffetti, dandoci appuntamento al prossimo concerto. Sembra volersi prendere cura del suo (meritato) pubblico.
Nobraino, non si può non volergli bene.

1 commento:

  1. Riconoscerei il tuo modo di scrivere fra mille... ma questo lo sai già. Bravo!... come sempre.

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