martedì 25 maggio 2010

Sinistra


Chi si batteva
per il superamento dell’organizzazione capitalista dell’economia della società, chi si batteva per l’emancipazione del lavoro dallo sfruttamento, chi si batteva per una società e un ambiente a misura d’uomo, chi si batteva per l’uguaglianza sociale delle persone a prescindere dalle condizioni economiche, dal sesso, dalle idee politiche e religiose, a prescindere dal colore della pelle. Chi faceva tutto ciò si trovava a sinistra nelle aule parlamentari, nei consigli comunali o provinciali (e in qualunque altro organo rappresentativo) ed era seduto alla sinistra del presidente dell’assemblea.
Lo stare a sinistra era una scelta, visibile e inequivocabile.
I partiti interclassisti invece si ponevano al centro, mentre i partiti padronali e reazionari a destra: anche per costoro la collocazione nelle aule corrispondeva a una appartenenza politica ben precisa.
Sedersi a sinistra o destra aveva il significato di compiere una scelta di campo. A sinistra con i lavoratori e le loro istanze a destra con i padroni ed i loro interessi.
Non era un semplice schematismo.
Oggi, per quanto riguarda la sinistra, chi è seduto in quelle tradizionali postazioni non è più portatore degli stessi ideali e obiettivi. Pur mantenendo, per fini elettorali e di borsa, una ambiguità di fondo.
Non si tratta di sostenere tesi settarie, massimaliste o estremiste, o intolleranti o altro ancora. Non si tratta di tranciare giudizi sommari. Molto più semplicemente di chiamare le idee, le posizioni politiche dei partiti per quello che sono, con il loro vero nome e cognome, superando il valore, forse anche un po’ nostalgico e datato che la parola “sinistra” finora ha avuto e di cui, comunque, ancora oggi è spesso conveniente servirsi.
Occorre superare, quindi, l’ambiguità e la malafede di chi vuole far credere che il solo stare seduto a sinistra, negli organi rappresentativi, fa diventare di sinistra le proprie posizioni e scelte. Non si può pretendere, in base a ciò, il consenso e il voto, accantonando momentaneamente le tesi e posizioni politiche espresse e gli interessi reali rappresentati e difesi. O chiedere un consenso cui non si ha diritto, perché il soggetto sociale da rappresentare (la "classe" di riferimento) è diverso e con interessi contrapposti.
La responsabilità storica e politica di costoro, oltre al tradimento di valori e ideali, sta nel mantenere l’ambiguità, nel continuare a far credere di lavorare per un campo mentre si sguazza nell’altro.
La linea politica della "sinistra moderna e democratica”, negli ultimi decenni, ha contraddetto e si è sistematicamente contrapposta a quella sostenuta, dalla sua nascita in poi, dalla sinistra propriamente detta. Lo sforzo maggiore di questi “innovatori” sta nel tentare di presentare come una evoluzione la loro posizione attuale, spacciandola di sinistra e dalla parte dei lavoratori, mentre è quasi sempre sistematicamente il contrario.
L’appellativo di “sinistra” non è più, quindi, una discriminante. Non è più vero che dirsi di sinistra significa portare avanti i valori propri storicamente della sinistra e, quindi, stare dalla parte dei lavoratori, dei disoccupati, dei pensionati. In poche parole degli oppressi. Non è più vero che chiamarsi socialista o comunista significa quello che tali appellativi hanno, storicamente, significato.
Non ci si può più accontentare delle dichiarazioni di principio: sinistra, comunisti, socialisti, oggi, sono definizioni prive di contenuto. E troppo spesso vengono utilizzate non nella direzione di costruire una società senza classi, ma per ritagliarsi spazi e costruirsi fortune politiche, anche personali. Tutto ciò nell'ipotesi più benevola. Assumendo, cioè, che il passaggio dalla sponda dei lavoratori e del progresso a quella del padronato e della conservazione non sia un processo appositamente studiato per addormentare le coscienze e far perdere la consapevolezza della realtà sociale attuale. Impostata dalle sue fondamenta sul privilegio e la discriminazione.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ai capovolgimenti più incredibili: partiti socialisti che governano con la destra nostalgica, conservatrice e reazionaria; partiti di “sinistra” essere in prima fila, sia sul piano politico che sindacale, a sostenere le politiche economiche più antipopolari, sullo stato sociale, sul fisco, sui contratti di lavoro e sui diritti, arrivando a condividere e sostenere interventi militari con uso della forza in varie aree del mondo.
Oggi, più che mai, deve contare la sostanza. Occorre denunciare e smascherare il tentativo di chi vuole negare che crescono sempre di più il privilegio e la discriminazione sociale di classe. Oggi più che mai c’è la necessità di forti aggregazioni politiche e sindacali che, con una chiara e determinata impostazione di classe, facciano chiarezza, agiscano e si battano per una società di liberi ed uguali. Occorre scongiurare il rischio di una perenne condizione di subalternità e di sfruttamento cui i lavoratori e i precari sembrano destinati.
Occorre, quindi, ripartire dal metodo delle analisi dei rapporti sociali e di classe per comprendere la realtà e ricominciare a lottare per costruire una società non più basata sull’ingiustizia e sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Occorre ripartire dalle idee, dalle analisi e dalla chiarezza degli interessi rappresentati.

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