giovedì 29 luglio 2010

Fiat e padronato ci provano

Prosegue la politica aggressiva della Fiat contro i lavoratori. Tre sono le “operazioni” che l’amministratore delegato Marchionne sta portando avanti: 1) costituzione di una Newco (nuova azienda) con capitale sociale di 50mila euro, controllata da Fiat Partecipazioni per gestire lo stabilimento di Pomigliano e l'attività di produzione, assemblaggio e vendita di autoveicoli e loro parti; 2) revoca dell’adesione della Fiat a Federmeccanica (il sindacato delle aziende metalmeccaniche della Confindustria); 3) disdetta del Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) dei metalmeccanici.
La costituzione della Newco risponde alla volontà (intimidatoria?) di far assumere i dipendenti di Pomigliano dalla nuova società senza alcuno dei diritti economici e normativi maturati, ma con un rapporto di lavoro ex novo. Attraverso quest’operazione, di fatto, la Fiat persegue il ridimensionamento o addirittura l’eliminazione della componente sindacale più combattiva, rappresentata da Fiom e Cobas.
La revoca dell’adesione alla Federmeccanica serve alla Fiat e al padronato a non allargare l’eventuale conflitto, in questa fase, a tutta la Confindustria, cofirmataria insieme alle Organizzazioni sindacali dei contratti di lavoro di tutti i settori. La disdetta del contratto rappresenta l’attacco più grave ai diritti dei lavoratori che sia stato mai portato avanti dal 1945 a oggi.
Il Ccnl rappresenta il punto di mediazione raggiunto da sindacati e padronato sulla base di piattaforme rivendicative presentate dai lavoratori, tramite il sindacato, per migliorare stipendi e normative contrattuali. La disdetta del Ccnl da parte della Fiat costringe tutto il sindacato, anche quello che ha sottoscritto l’accordo di Pomigliano (Cisl e Uil), ad assumere una linea chiara e comprensibile, obbligandolo a schierarsi in maniera inequivocabile e definitiva a favore o contro la linea padronale, per poter poi emarginare (come la Fiat ha fatto in passato) chi si oppone.
La disdetta è la logica prosecuzione della “nuova” linea che il padronato vuole imporre e che il sindacato non ha visto o non ha voluto vedere: quella di un’altra diminuzione dei “costi” di produzione, a partire dai salari a vantaggio dell’incremento di utili e profitti (sempre degli stessi). Il tutto utilizzando il ricatto dell’occupazione, che una posizione sindacale troppo “rigida” potrebbe compromettere "costringendo" alla delocalizzazione dell’attività di produzione.
Si stanno creando le premesse di uno scontro epocale con la Fiat che rompe gli indugi e fa da apripista ingaggiando, in un periodo in cui le fabbriche sono chiuse, una battaglia che stabilirà il futuro non solo lavorativo del paese. Deciderà priorità, ruoli, spazi politici e contrattuali d’imprese e lavoratori, definendo le basi su cui poggerà il futuro dei prossimi decenni.
I lavoratori arrivano a quest’appuntamento, che il padronato stava predisponendo da qualche tempo, impreparati e indeboliti. E soprattutto privi di una difesa sindacale adeguata. Mancano o non prevalgono, infatti, analisi e giudizi alternativi alle logiche padronali della globalizzazione, della competitività e del mercato. Il sindacato, quello “maggiormente rappresentativo”, è pronto a sottoscrivere tutto e il contrario di tutto, rinunciando in nome dei lavoratori a qualsiasi principio e diritto consolidato (per la “difesa dell’occupazione” naturalmente), mentre insieme al padronato sta cercando di emarginare, in un gioco perverso e inaccettabile, la Fiom e i Cobas, gli unici che non si piegano ai diktat.
La posta in gioco è alta. Il nostro futuro e soprattutto quello delle giovani generazioni saranno determinati in un modo o nell’altro dall’esito di questa fase politico-sindacale. I lavoratori e i giovani devono essere protagonisti nell’intera vicenda e devono esigere di essere loro a determinare i contenuti di eventuali accordi, senza alcuna delega in bianco a sindacati compiacenti o a partiti che fingono di sostenere le loro ragioni mentre lavorano per affossarle.

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