lunedì 19 luglio 2010

Vendola, lo sparigliatore illusionista

Ieri Vendola ha chiuso gli "Stati generali delle Fabbriche di Nichi", con un annuncio in chiaro stile giornalistico: ”Le primarie non sono una minaccia per il Pd o per il centrosinistra e io mi candido per sparigliare questi giochi”.
Vendola avrebbe inteso gettare un sasso nello stagno del Pd e del centro”sinistra” per togliere questi ultimi da una posizione “perdente” e far intraprendere loro una nuova e più fortunata vita. Nichi, infatti, afferma: ”Non sono una minaccia per il Pd, ma per la cattiva politica”, "occorre" rilanciare ”una politica del fare e per la vittoria di popolo non di parte o di partito”. Ancora: ”Noi abbiamo perso - riferendosi al centro”sinistra” - anche perché da questa parte della barricata ci siamo comportati come amministratori di condominio e non come costruttori di una visione”. In queste affermazioni di Vendola appare chiaro un messaggio: i problemi del Pd e del centro”sinistra” non dipendono principalmente dalle politiche portate avanti, ma dal ceto politico che dirige il partito e la coalizione. Il centro”sinistra” ha perso, quindi, perché è stato diretto da un ceto politico vecchio, burocrate, appiattito su se stesso, che ha allontanato la politica dalla gente, tanto è vero che “se la politica non incontra la vita non è capace di sentire le pene e gli affanni, non è capace di costruire la speranza, non può essere una proposta vincente”. In conclusione il Pd e il centro”sinistra” non vincono perché volano basso e non sono capaci di suscitare speranze e progetti. Occorre allora aria nuova. Ed è sottinteso che questa provenga da lui.
Questa fraseologia è ispirata a una concezione religiosa ed enfatica della vita, che prescinde da una visione di classe della politica. Non fa i conti, cioè, con i rapporti sociali ed economici fra le varie classi sociali, che non possono condividere le stesse politiche perché ciò che va bene per una classe, inevitabilmente confligge con le altre. In primo luogo perché condizioni sociali ed economiche diverse producono interessi diversi e contrapposti.
Il distacco che esiste fra il “popolo” e il ceto politico del Pd e del centro”sinistra” non dipende dalla loro modernità, o capacità o simpatia, ma dalla politica e dagli interessi che costoro hanno tutelato e rappresentato, che non sono stati né sono quelli, per dirla alla Vendola, “del popolo” ma delle imprese (o dei padroni). E il “popolo” questo l’ha capito. Non esiste una supremazia asettica della Politica, ma la supremazia delle politiche (o degli interessi) che sono in campo e che prevalgono. Il Pd e il centro”sinistra” perdono perché non possono essere considerati (né sono) un’alternativa al governo di centrodestra di Berlusconi. Tante, troppe sono le “affinità” tra i due schieramenti, che hanno determinato scelte e linee governative caratterizzate dalla stessa impostazione economica di classe. Si è realizzata una sorta di staffetta governativa nel tempo: ciò che ha iniziato uno schieramento, lo ha proseguito l’altro quando gli è subentrato al governo e viceversa. Il taglio dei salari, il sistema fiscale iniquo per i redditi fissi, le varie “riforme” delle pensioni (Dini, Prodi e Berlusconi), gli “interventi umanitari” e militari in varie parti del mondo, la privatizzazione della scuola, della sanità, dell’energia e dell’informazione, la flessibilità e la precarizzazione del lavoro, le varie “riforme” elettorali in senso maggioritario, servono solo per fare degli esempi.
Queste non sono state scelte asettiche e imparziali, ma sono state utili a qualcuno e hanno danneggiato altri. Hanno prodotto, infatti, un enorme spostamento della ricchezza a vantaggio di pochi ricchi, affamando i lavoratori, i giovani e i pensionati, riducendo anche la loro libertà. Queste politiche hanno sistematicamente punito i lavoratori e favorito i padroni, rispondendo ai bisogni di arricchimento di questi ultimi e non alle esigenze di lavoro e di vita dei primi. In conclusione è prevalso il liberismo. Questa teoria economica rappresenta la base delle politiche sia del centrodestra che del centro”sinistra”. Altro che incapacità. Altro che ceto politico ammuffito e appiattito di cui Vendola sarebbe l’alternativa “giovane” e “vincente”.
Il Pd e il centro”sinistra” non sono perdenti perché diretti da politici “incapaci o superati”, bensì perché sono entrati in competizione con uno schieramento politico e un uomo che rappresentano e garantiscono meglio, in questa fase, gli interessi padronali. Il Pd e il centro”sinistra” costituiscono oggettivamente una variante politica possibile di questi interessi. Anzi Pd e centro”sinistra” sono più utili se stanno all”opposizione”, per far digerire proprio al popolo le misure antipopolari del governo Berlusconi varate per “risanare” il debito pubblico del Paese.
La proposta di governi tecnici, inoltre, non è sbagliata perché, come dice Vendola “si è conclusa una stagione politica”. E’ sbagliata perché il governo tecnico, di cui farebbero parte entrambi gli “schieramenti”, renderebbe oggettivi e non di parte gli interessi delle imprese e dei padroni, scaricando ancora una volta sul popolo e non sui ricchi altri tagli e sacrifici.
Vendola non rappresenta perciò “il nuovo” che avanza in contrapposizione al vecchio che resiste. Rappresenta invece il tentativo di lanciare un’illusione di cambiamento, per far rimanere tutto com’è. Si tratta in realtà della solita trita politica buonista e interclessista che cerca di conciliare interessi inconciliabili: quelli dei lavoratori e quelli dei padroni senza cioè cambiare nulla.
In ultimo come fa Vendola che è a capo di un’aggregazione politica a candidarsi per dirigere il Pd e il centro”sinistra”? Solo in un modo: essendo interno e organico a tale forza politica e a tale schieramento. Tanto per parlare di un modo "vecchio" di fare "politica".

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