Il sesso è l’aspetto che unitamente alla razza, alla lingua, alla religione, alle opinioni politiche e alle condizioni economiche e sociali può rappresentare un ostacolo tale da limitare la libertà e l’uguaglianza condizionando i diritti. Un problema che si presenta in maniera difforme nel mondo ed è legato strettamente al livello di sviluppo economico e civile di ogni realtà. In un paese ricco la questione dell’emancipazione si presenta ad un livello più avanzato esistendo in genere la consapevolezza del problema stesso e con essa l’iniziativa e la lotta per il suo superamento. In realtà povere, spesso sottoposte all’influsso di superstizioni e di religioni, le difficoltà sono maggiori esistendo un più pesante condizionamento culturale oltre che economico.
Nelle realtà cosiddette sviluppate la donna rappresenta, quindi ancora oggi, l’anello debole e subisce condizionamenti tali che le impediscono l’effettiva uguaglianza con l’uomo. Si può però affermare che ciò riguardi ugualmente ed indistintamente tutte le donne, indipendentemente dal loro stato di occupate, disoccupate, precarie oppure di manager o capitaliste? Tutte le donne sono impegnate nella stessa battaglia per l’emancipazione prescindendo dalla propria condizione economica e dagli aspetti sociali della propria condizione femminile? Oppure esistono differenze? La manager o il manager, ad esempio, sono liberi allo stesso modo della precaria o del precario? Della disoccupata o del disoccupato? Una provocazione: il licenziamento o la discriminazione operati da una donna manager sono forse meno gravi di un licenziamento o di una discriminazione operati da un manager uomo? La manager o il manager non esercitano forse verso la lavoratrice precaria o la disoccupata la stessa vessazione che riservano al lavoratore precario o al disoccupato? Forse la condizione di subalternità delle donne, come quella dell’uomo del resto, non è maggiormente legata alla condizione economica? I servizi sociali (asili nido, scuole materne, assistenza agli anziani, ecc.) che la società fornisce sempre meno e che rendono possibile il lavoro alle donne, necessitano alla lavoratrice, alla precaria o alla disoccupata allo stesso modo di come servono alla manager che è in grado di pagarsi servizi privatamente e a un livello abissalmente migliore?
La condizione di discriminazione delle donne risente appieno delle contraddizioni economiche sociali che riguardano tutta la classe dei discriminati. Non si può considerare la manager o la capitalista in condizione di inferiorità rispetto all’uomo in quanto tale o in condizioni di uguaglianza rispetto la lavoratrice, la precaria o la disoccupata perché diversi sono gli ambiti economici, diverse le libertà, diverse le contraddizioni e le discriminazioni. Le lavoratrici, le disoccupate, le precarie, le casalinghe, le studentesse, le pensionate o le donne manager o ricche in generale non possono perciò avere lo stesso problema di emancipazione, perché i problemi delle prime sono enormemente diversi da quelli delle seconde e derivano dalla condizione economica che le priva dell’autonomia personale e le sottopone all’uomo quando anch’egli lavora. Cosa che per le manager o per le ricche non sussiste. Non può quindi essere la contraddizione uomo-donna in generale (che pure esiste) l’aspetto aprioristico e pregiudiziale dell’iniziativa per l’emancipazione femminile volta a cancellare il problema della discriminazione sociale, vera causa di disuguaglianza da combattere.
L’ostacolo all’uguaglianza quindi è rappresentato principalmente dalle differenze di condizioni economiche. Sono queste che determinano le disuguaglianze e le discriminazioni sociali e quindi anche di genere. Certo esiste anche fra i discriminati il problema di uguaglianza, fra uomo e donna. In questo caso, però, non siamo in presenza di ambiti economici diversi, di differenze cristallizzate ma di problemi legati alla cultura e alla civiltà, che vanno comunque affrontati avendo presente però quale è l’aspetto principale del problema.
Affrontare la questione dell’emancipazione femminile prescindendo dalle differenze sociali ha portato ad un generico femminismo per il quale tutte le donne debbono affrancarsi dalla supremazia maschile indistintamente e indipendentemente dalla loro condizione e classe sociale e quindi tutte le donne possono condividere la stessa battaglia di emancipazione, magari all’interno della stessa organizzazione femminista. Questa mistificazione ha rappresentato il principale ostacolo e freno proprio alle lotte femminili e al loro successo perché sono inconciliabili e contrapposti gli obiettivi che le donne hanno e sono strettamente legati alla loro classe di appartenenza.
Lo stesso ragionamento può valere per le altre diversità: di sesso, colore della pelle, religione, età, ecc. Determinante è la condizione economica per essere o sentirsi discriminato.
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