mercoledì 30 giugno 2010

Cgil, Cisl e Uil: viva la sanità integrativa (o privata)

E’ stato raggiunto nei giorni scorsi un accordo sindacale sottoscritto dalla Luxottica e da Cgil, Cisl e Uil, che per l’occasione hanno ritrovato l’unità.
Questa intesa azienda-sindacati ha prodotto, come ha scritto il Corriere della sera, la nascita della “prima Cassa sanitaria” aggiuntiva per i 7.300 dipendenti della Luxottica. La nuova Cassa coprirà le spese sostenute per le prestazioni odontoiatriche, le visite specialistiche, gli esami di alta diagnostica e i grandi interventi. Per ciascuna di queste tipologie i massimali di spesa sono stati concordati al tavolo delle trattative. In termini di incremento del valore reale delle retribuzioni si stima che una famiglia media possa risparmiare un minimo di 300 euro di spese l'anno e fino a 5mila euro in caso di grandi interventi ospedalieri. Per la maternità è previsto un ulteriore contributo di circa 350 euro (e vale la pena ricordare come la manodopera femminile sia circa il 60 per cento dei dipendenti Luxottica). L'accordo inizialmente durerà un anno ed è stato negoziato con Cgil, Cisl e Uil comma per comma. Il dipendente Luxottica ovviamente resterà in carico al Servizio sanitario nazionale ma per tutte le prestazioni aggiuntive (ma anche solo per accelerare i tempi di un esame specialistico) potrà accedere ai servizi della Cassa senza sborsare un euro.
Sicuramente questo è un accordo controcorrente che viene sottoscritto in un momento in cui i diritti dei lavoratori sono messi in discussione o annullati, anche in materia di sanità o più in generale di welfare. Invertire questa tendenza in sede di contrattazione articolata o decentrata può essere a prima vista considerato un successo che può segnare la strada per altri lavoratori di altre aziende, al fine di ottenere gli stessi risultati. Se non fosse per il fatto che purtroppo oggi nei posti di lavoro, vedi Pomigliano, si discute degli stessi argomenti ma su sponde ben diverse. La stragrande parte delle aziende poi oltre a costringere i lavoratori su una posizione di difesa del salario e dei diritti acquisiti, li pone troppo spesso a confrontarsi con la cassa integrazione, la mobilità e la disoccupazione.
Come valutare questo tipo di accordo allora? E’ l’inizio della riscossa dei lavoratori?
Tutt’altro. Le “conquiste”contenute nell’accordo lungi dall’intaccare lo stato generale della sanità (non potrebbe essere altrimenti) con ticket, lunghissime attese per prestazioni specialistiche, chiusura di ospedali, ecc. ecc. determina una situazione che si potrebbe definire di minor disagio relativo per i dipendenti Luxottica: questi ultimi infatti, pur restando come tutti i cittadini italiani all’interno del servizio sanitario nazionale, godrebbero di un trattamento “integrativo” rispetto a quello degli altri lavoratori italiani. Questo accordo “apre la strada” per tutti i dipendenti che potranno, avendo questo precedente, raggiungere intese sulla stessa materia e quindi sarebbe da considerarsi positivo e da imitare. Se non fosse per una considerazione tutt’altro che secondaria: è giusto e moralmente legittimo creare o meglio ricreare una nuova cassa malattia? E’ giusto frammentare, in relazione ai singoli posti di lavoro dove questo è possibile, il rapporto fra lavoratore, cittadino e sanità? In conclusione è giusto differenziare i trattamenti in una materia come la sanità che, in uno stato civile, dovrebbe essere la stessa per tutti i indipendentemente dalla condizione economica, lavorativa, occupazionale o di residenza? Oppure è preferibile ricreare tante casse sanitarie riproponendo lo stato di cose esistente prima della riforma del 1978 nella quale, oltretutto, i lavoratori e le loro famiglie avevano diritto alla assistenza sanitaria solo se occupati o fino a sei mesi dopo il licenziamento? Non si resusciterebbe la situazione incivile e ingiusta di sanità diverse legate non al diritto di ogni individuo, ma al reddito e alla condizione economica?
La risposta a questi quesiti l’ha data il sindacalista della Cgil che ha sottoscritto l’accordo: ”le questioni ideologiche si possono discutere fino alle 11.30, ma a mezzogiorno si deve mettere qualcosa in tavola e noi lo abbiamo fatto”. La volgarità e la brutalità di questa risposta ha il merito della sincerità su una posizione ideologica “liberale” cui anche la Cgil è approdata. E’ tempo cioè, per costoro e per la Cgil, di abbandonare anche in materia di sanità l’utopia “ideologica e sessantottina” dell’uguaglianza. Chi può si serva meglio! Evviva la “libertà” liberista che consente ai “migliori” il meglio e riserva ai “peggiori” il peggio.
Questa “vittoria” sindacale lungi dal rappresentare un successo per i lavoratori rappresenta l’approdo, dopo la deriva del sindacato e della Cgil verso le teorie liberali-padronali, verso la privatizzazione oltre che della scuola, dei servizi, dell’informazione, delle risorse energetiche anche della sanità. Tutto ciò non può che passare attraverso il disorientamento e la frammentazione dei lavoratori e delle loro rivendicazioni.

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