venerdì 11 giugno 2010

Padroni all’attacco

E’ in corso un vero e proprio assalto da parte del Governo e del padronato ai diritti dei lavoratori e ai rapporti socio-economici esistenti. Quattro sono i punti cardine di questa manovra concentrica.
Il primo atto compiuto, per stravolgere la realtà sociale italiana, frutto della Costituzione del 1948 e della Resistenza, è rappresentato dalla manovra economica varata dal Governo. Manovra che scarica, ancora una volta, sui redditi fissi i costi della crisi economica tagliando gli stipendi dei lavoratori del pubblico impiego, depredando lo stato sociale del Paese, allungando di sei mesi nel settore privato l’età pensionabile, elevando all’85 per cento la soglia per avere diritto alla pensione d’invalidità e diminuendo drasticamente i trasferimenti agli enti locali con il conseguente notevole taglio dei servizi da questi forniti e l’elevazione dell’addizionale Irpef a essi spettante. Il tutto salvaguardando contemporaneamente i ricchi, i grandi patrimoni e le rendite finanziarie, cui non è chiesto dal Governo proprio nulla.
Il secondo atto riguarda le posizioni assunte dalla presidente della Confindustria Emma Marcegaglia, a sostegno aperto del Governo, volte a rendere strutturale, cioè permanente, la manovra (e lo stesso capo degli industriali accusa gli oppositori di questo disegno di essere contro il Paese).
Il terzo atto è rappresentato dalla dichiarata volontà del Presidente del Consiglio di revisionare profondamente l’art. 41 della Costituzione, realizzando "un grande progetto di liberalizzazione delle attività economiche" emendandole dai condizionamenti previsti da quell’articolo: "L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità' sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali".
L’ultimo atto riguarda la posizione, sostenuta dall’Amministratore delegato della Fiat, nella trattativa in corso in queste ore riguardante la sorte dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco: o i lavoratori e il sindacato accettano di rinunciare a diritti contrattuali consolidati, come la malattia, oppure quella realtà produttiva chiuderà, gettando sul lastrico migliaia di lavoratori e le loro famiglie. La Fiat continuerà tranquillamente a realizzare profitti spostando la produzione in Serbia o in Polonia.
Grazie a Governo e padronato possono essere taglieggiati i diritti e i redditi dei lavoratori e dei cittadini. Nello stesso tempo il padronato, grazie alle scelte del Governo, non è colpito dalla manovra, anzi è agevolato con l’azzeramento dell’Irap per le nuove imprese del sud, con conseguente aggravio fiscale per i cittadini di quelle realtà. Ciò perché le regioni del Mezzogiorno avranno la possibilità di istituire un tributo proprio sostitutivo per le imprese avviate dopo l'entrata in vigore del decreto legge (non è difficile immaginare a chi sarà imposto tale balzello). Anche l'istituzione di reti impresa e zone a “zero burocrazia” per ottenere benefici fiscali e migliorare la capacità di incidere sui mercati, ma anche zone a burocrazia zero, nelle quali per aprire un'attività ci si potrà rivolgere a un solo soggetto, vanno in questa direzione.
Ecco quindi il "gioco di squadra" realizzato: per i lavoratori sacrifici e miseria; per i padroni ricchezza e “libertà”! Per questi ultimi quando si tratta di “libertà di impresa e profitto” l’interesse nazionale non conta. Gli stipendi e le pensioni, i diritti dei cittadini possono essere tranquillamente sacrificati. Quelli padronali no! Se, per loro, non conviene “investire” in Italia possono andare a farlo altrove con maggiori profitti e minori problemi. Troveranno da qualche altra parte lavoratori disponibili a sopportare stipendi da fame e a tollerare i loro profitti da paperoni. Evviva l’Italia evviva la democrazia e la libertà!
Quale libertà? La loro!

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