mercoledì 16 giugno 2010

L'illegalità di Pomigliano

I punti dell'accordo su cui la Fiom resiste:
1) diritto di sciopero: sanzioni disciplinari fino al licenziamento per il lavoratore che sciopera mettendo in discussione l’accordo con l’azienda;
2) iniziativa sindacale: sanzioni per sindacati e Rsu che proclamano iniziative di lotta contro l’accordo (sospensione dei contributi e dei permessi sindacali);
3) malattia: in caso di picchi di assenteismo, l’azienda non verserà i contributi per malattia, a prescindere dai controlli;
4) permessi per recuperare i giorni utilizzati per la partecipazione a scadenze elettorali: durante le elezioni, l’azienda non permetterà il recupero dei giorni trascorsi ai seggi dai rappresentanti di lista;
5) pausa mensa: per l’azienda si può lavorare anche otto ore di fila senza la mezz’ora di pausa per il pranzo, considerata come straordinario.
L’accordo su questi punti “salva” 5mila posti di lavoro, più altri 10mila nell’indotto. Nel caso fosse sottoscritto, infatti, la Fiat porterebbe a Pomigliano la linea Panda che ora è in produzione in Polonia.
Ma come è possibile che l'azienda produca indisturbata autovetture all’estero e continui a essere largamente aiutata dal denaro pubblico, con la cassa integrazione, le rottamazioni e chi più ne ha più ne metta? La Fiat, con la sua condotta assume un ruolo di punta e di rottura di un padronato arrogante che vuole prepotentemente liquidare il sindacato e quello che rimane delle conquiste ottenute con le lotte sviluppatesi dall’immediato dopoguerra fino agli anni Ottanta. Con il ricatto del lavoro si stravolge il contratto nazionale dei metalmeccanici. Con il ricatto del lavoro il padronato e la Fiat si sostituiscono al Parlamento e alle sue leggi, come lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori e la stessa Carta Costituzionale. Vengono attaccati le fondamentali libertà sindacali (diritto di sciopero e alla salute), assumendo esplicitamente e in prima persona il ruolo di classe dirigente che non riconosce altra regola che la propria: il profitto. Padronato e Fiat, in questa operazione, sono agevolati da un sindacato subalterno e complice di un disegno padronale neocorporativo e autoritario. E’ inconcepibile che il “sindacato dei lavoratori”, dopo aver accettato il taglio della scala mobile, del sistema previdenziale pubblico, la precarizzazione, le compatibilità economiche, le politiche di rigore a senso unico, possa arrivare in nome dell’interesse dei lavoratori a subire il ricatto dello scambio del diritto al lavoro, previsto dalla Costituzione, con la rinuncia a diritti sacrosanti di libertà, dignità e salute. Cercheranno, nonostante l’accordo sia illegale e incostituzionale, di far ingoiare, sotto la minaccia della disoccupazione, un referendum che produrrà qualunque sia il suo esito cambiamenti epocali nel Paese. Lo si capisce anche dalle affermazioni di ministri della Repubblica e del padronato. Sacconi: "L’accordo di Pomigliano è un punto di svolta storico nelle relazioni industriali italiane" e farà scuola. Per Tremonti invece "Pomigliano è la rivincita dei riformisti su tutti gli altri". La Marcegaglia tuona: "Secondo noi è incredibile che davanti a un'azienda che va contro la storia prendendo le produzioni dalla Polonia e riportandole in Italia, e che investe 700 milioni di euro, ci sia un no".
“L’opposizione” parlamentare balbetta o condivide. L'unica cosa che dovrebbe fare è dire no alla Fiat e alle nuove politiche padronali.



(Dedicato alla classe operaia e a tutti i lavoratori ricattati)

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