È stata definita la più grande fuga di notizie della storia militare americana. Opera del fondatore di Wikileaks che ha diffuso nuove informazioni riguardanti quella che viene, oggi, apertamente chiamata guerra in Afghanistan (doveva essere un "intervento" e va ormai avanti da quasi nove anni). Notizie che nessun giornale “libero“ finora aveva comunicato. Esse riferiscono di “centinaia di civili uccisi dalle truppe della coalizione”, di cui non si è saputo nulla, in scontri che non sono mai emersi; di “unità sotto copertura a caccia di leader ‘vivi o morti’” incaricate di "uccidere o fermare" qualsiasi talebano anche senza processo. Dagli archivi riservati emerge inoltre che la coalizione sta usando sempre più armi letali, i droni Reaper , per fulminare gli obiettivi talebani in modo telediretto da una base del Nevada. Il fondatore di Wikileaks riferisce inoltre che nei documenti "potrebbero esserci prove di crimini di guerra: starà a un tribunale decidere se qualcosa è un crimine. Detto questo, nel materiale sembrano esserci prove di crimini di guerra" ha dichiarato. A tutto ciò, conclude il fondatore di Wikileaks, si aggiunge che "dopo aver speso 300 miliardi di dollari in Afghanistan, gli studenti coranici sono più forti ora di quanto non lo fossero nel 2001". Questo mese il segretario di Stato, Hillary Clinton, ha annunciato "altri 500 milioni di dollari" in aiuti a Islamabad, definendo Usa e Pakistan "partner uniti da una causa comune".
Avevano detto che l’intervento in Afghanistan era di natura “umanitaria” per l’affermazione della “democrazia”, contro il sopruso quotidiano dei talebani che imponevano un’islamizzazione estremista e terrorista di quella realtà. Per convincerci hanno mostrato gli aspetti, che pure ci sono, più intollerabili e inaccettabili, come le esecuzioni sommarie, le punizioni corporali e le umiliazioni alle donne afghane, la distruzione della cultura.
Le bombe “democratiche” della coalizione della Nato, di cui l’Italia fa parte, sono forse più tollerabili di tutto ciò? Forse per le vittime della guerra fa differenza sapere qual è il colore della bandiera di chi li uccide? Sarebbe sbagliato affermare che forse gli afghani avrebbero fatto a meno dell’intervento “umanitario” della Nato?
Oggi in America si sta discutendo sulla “opportunità” della diffusione di queste notizie. Mentre in Italia la stampa tratta la notizia come se quanto sta avvenendo non ci riguardasse. Del resto la “libera” stampa, compresa quella nostrana, a differenza di quanto è accaduto in altre occasioni, è sempre stata molto “restia” nel raccontare gli eventi di quella realtà. Questa discrezione, alla luce dei fatti, ha contribuito a diffondere la convinzione che la vera natura dell’intervento Nato in Afghanistan fosse veramente di carattere umanitario. Nonostante le notizie che riuscivano a trapelare da quella realtà, con i soldati uccisi come nemici, l'importanza geostrategica di certi luoghi, un passato di spregiudicate alleanze (proprio con i talebani) e, ultimamente, quanto accaduto ai medici dell’organizzazione di Gino Strada.
La stampa e i mass media hanno mancato al loro ruolo, negandoci l’informazione indispensabile per qualsiasi società civile e libera e si sono fatti strumento di un potere che aveva e ha interesse a mistificare la verità. Dimostrando anche in quest’occasione quale sia il livello reale della nostra “democrazia”.
L'unica soluzione è dire basta alla guerra e restituire agli afghani il diritto alla propria autodeterminazione, con il ritiro immediato dei soldati dalle loro terre. E che il Governo italiano, che in queste ore sta decidendo su quello che deve togliere agli italiani, elimini le spese per l’intervento invece, com’è dato sapere, di pensare di aumentare il numero di soldati in quell’area.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento