mercoledì 21 luglio 2010

Il padrone delle ferriere

Un po’ di notizie dal mondo Fiat.
1) L’azienda è in piena attività e sta rivedendo gli assetti industriali con la divisione in due società: la Fiat e la Fiat industrial. Quest’ultima assorbirà tutto il mercato dei veicoli industriali e agricoli e i debiti finanziari. Quest’operazione sarà ratificata in un apposito Cda che si terrà a settembre.
2) Dalle banche è arrivata all’azienda una comunicazione di finanziamento fino a quattro miliardi con una «highly confident letter», firmata congiuntamente da Barclays Capital, Bnp Paribas, Citi, Credit Agricole Corporate and Investment Bank, IntesaSanpaolo, Societè Generale Corporate & Investment Banking, The Royal Bank of Scotland e Unicredit Corporate Banking.
3) I dati relativi al secondo trimestre registrati dal Gruppo Fiat e approvati dal consiglio di amministrazione inoltre evidenziano un andamento positivo nei conti che preannuncia piani radicali di riorganizzazione societaria. L’utile netto è pari a 113 milioni di euro, contro una perdita di 179 milioni di euro nel secondo trimestre 2009; l’utile della gestione ordinaria è più che raddoppiato a 651 milioni; i ricavi sono in rialzo del 12,5 per cento, a 14,8 miliardi di euro. Il titolo Fiat è sospeso in apertura dei mercati per eccesso di rialzo, con un balzo in avanti di oltre il sei per cento dopo l'annuncio dell’utile netto positivo nel primo semestre.
4) Sempre sul fronte “economico finanziario” la Fiat, come fa sapere la Fiom, ”ha deciso di distribuire centinaia di milioni agli azionisti e di aumentare del 40 per cento i compensi ai massimi dirigenti”.
E ai lavoratori?
A questa, che è solo una parte dell’informazione, quella che più interessa la proprietà e gli azionisti, fa da contraltare la parte di attività e il gran “lavoro” Fiat verso i propri dipendenti. Sul fronte sindacale sono da registrare, come hanno denunciato la Fiom e lo Slai cobas, cinque licenziamenti di lavoratori e rappresentanti sindacali di base a Melfi, Mirafiori e Termini Imerese. Operai e impiegati che si sono distinti nella lotta in difesa dei diritti delle maestranze Fiat contro la linea attuale inaugurata con ”l’accordo di Pomigliano”, della quale i licenziamenti e una politica chiaramente intimidatrice della casa automobilista sono, per i dipendenti, i primi risultati concreti a oggi riscontrabili.
Contro tutto ciò c’è stata la risposta di quella parte di sindacato più vicina ai lavoratori, Fiom e Cobas, con la proclamazione di diverse ore di sciopero, alcune delle quali già svolte con una forte adesione. E altre sono in calendario. La Fiom inoltre sta organizzando, per mercoledì 28 luglio, degli incontri con tutte le forze politiche, davanti al Parlamento per “denunciare il clima antidemocratico e intimidatorio dell’azienda” e per sensibilizzare l’opinione pubblica.
Gli affari e i conti economici vanno molto bene per la Fiat e per i suoi azionisti, tanto è vero che ha deciso di distribuire centinaia di milioni a questi ultimi e di aumentare del 40 per cento i compensi ai suoi massimi dirigenti. Questo però non accade alle lavoratrici e ai lavoratori del gruppo cui, oltre ai salari già bassi, si vuole concedere poco o niente. La Fiom, infatti, rivendica ”la corresponsione immediata di una cifra non inferiore a quella dell’anno scorso: 600-800 euro a tutti i dipendenti, anche a quelli in Cassa integrazione”. Oltre ciò il sindacato richiede “il ritiro dei licenziamenti a carattere «intimidatorio» a Melfi e a Mirafiori; l’apertura di un negoziato sulle prospettive industriali e occupazionali del Gruppo connesse alla costituzione di due società (Auto e Fiat industrial), respingendo la strategia perseguita a Pomigliano di contrapporre lavoro e diritti”.
Nascono spontanee, da questi primi avvenimenti, due considerazioni su quanto sta accadendo. La prima è che la Fiat intende perseguire una linea di “rigore” a senso unico nei conti: a differenza di quanto accade per i suoi dirigenti e azionisti, ai lavoratori non toccherà pressoché nulla o pochi euro in busta paga da questo trend economico positivo. Segno chiaro che la logica imprenditoriale è disponibile solo a socializzare le perdite mentre privatizza i profitti, in barba ai tifosi della concertazione, cui è riservata una trattativa che si occupa esclusivamente dei tagli, della cassa integrazione e dei licenziamenti. La seconda è che la volontà dell’azienda, emersa con ”l’accordo di Pomigliano” di instaurare un “nuovo ciclo” nei rapporti con i lavoratori, va avanti senza ripensamenti: meno diritti più lavoro, meno velleità sindacali per i lavoratori più libertà per il padrone.
E il sindacato unito? La Cisl e la Uil? O dormono, o sono al mare, o a concertare qualche altro accordo in difesa e per gli interessi di tutto il Paese e dei lavoratori, naturalmente.

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